L’abbiamo appena sentito: intorno a Gesù tutto si stringe in modo umano. Da un punto di vista umano, non c’è via d’uscita. Tutto sembra perduto. Erode e Pilato, fino ad allora nemici in virtù della loro posizione, diventano amici. Si alleano contro Gesù per condannarlo. Un vero e proprio cerchio si sta chiudendo su di lui. I suoi apostoli, che egli aveva scelto, lo lasciano solo ad affrontare il mistero del male che ha di fronte. L’abbiamo sentito: se una parte del popolo lo accompagna e piange per lui, Gesù lo invita non a piangere per lui, ma a piangere per se stesso. “Figlie di Gerusalemme, piangete per voi stesse e per i vostri figli”. Ci troviamo di fronte all’incomprensione, al peccato degli uomini. Gesù ci invita a ripiegarci su noi stessi, non a chiuderci in noi stessi o a chiuderci nella colpa, ma a meditare sul mistero del peccato. Questo peccato che, con la sua grazia, può essere superato. Questo peccato da cui Egli ci salva.
Possiamo allora porci questa domanda: che cosa provoca in noi questa Passione? Siamo semplicemente commossi, impietositi? O questa Passione risveglia qualcosa di più profondo, che richiede un cambiamento interiore? Questo è ciò a cui Gesù chiama le figlie di Gerusalemme. Non rifiuta la loro compassione perché soffre sulla Via Crucis. Al contrario. Si lascerà avvicinare da Veronica, che asciuga il suo viso coperto di sudore e sangue. Si lascerà avvicinare da Simone di Cirene, che lo aiuta a portare la sua croce.
Ma ancora di più: come la Veronica, come Simone, è il Signore stesso che ci viene incontro. È Lui che viene in nostro aiuto. È Lui che viene a trasformare i nostri cuori. Gesù ci mostra ciò che tutto questo male provoca in lui: il perdono. “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Ed è questo che è così strano. Gesù, di fronte a questo mistero del male, non si chiude in se stesso. Non si chiude. Continua a donarsi fino alla fine. Va oltre l’amore, oltre il dare. Dà la sua vita. Allora poniamoci questa domanda: io sono aperto al perdono di Cristo? Questo perdono fa sì che il mio cuore si apra? E, di conseguenza, ho un’apertura verso i miei fratelli?
Facciamo un esempio molto concreto: l’elemosina che abbiamo cercato di praticare durante questa Quaresima. L’abbiamo forse fatta per adempiere un mero precetto? Un rito? Un obbligo, perché «è nell’opera della Quaresima»? O questa elemosina ha cambiato qualcosa in me? Mi ha aperto a una vera attenzione verso gli altri? Alla miseria che porta l’altro dentro di sé? Come guardo l’altro? Mi sento solo impietosito? O in fondo il mio sguardo, il mio cuore sta cambiando? Questo è ciò che abbiamo domandato al Signore alle soglie di questa Settimana Santa: essere trasformati.
Anno dopo anno, riviviamo questa Passione. Conosciamo la vita liturgica, conosciamo la vita del Cristo. Per alcuni, questa è la settantesima o l’ottantesima volta che questi testi risuonano nelle nostre orecchie. Eppure, c’è sempre qualcosa da riscoprire. Sempre un appello a riprendere il cammino, per permetterci di andare avanti verso il perdono del Cristo.
Chiediamo al Signore di aprire il nostro cuore al suo perdono. Possa Egli aprire i nostri occhi e il nostro cuore agli altri, perché possiamo amarlo come Cristo lo ha amato. Andando oltre il semplice rispetto umano, come lui stesso è andato oltre lo sguardo semplicemente umano, là dove tutto sembrava perduto.
Amen.