Prepararsi alla fine dei tempi

È necessario prepararsi per la fine dei tempi? Padre Charles Bonin, parroco-decano nella diocesi di Grenoble, risponde a questa domanda alla luce del Vangelo e del Catechismo della Chiesa cattolica. In quest’intervista realizzata al santuario di Notre-Dame de Montligeon, egli evoca la speranza cristiana di fronte alle prove, il mistero dell’iniquità, il messaggio della croce…

Intervista realizzata da Amélie Le Bars con Padre Charles Bonin, curato-decano nella diocesi di Grenoble, autore di Faut-il se préparer à la fin des temps ? (Artège, 2025).

La speranza cristiana di fronte alla fine dei tempi

« La fine dei tempi? Bisogna comprendere che in una prospettiva cristiana, la fine non è solo un termine, ma è soprattutto un obiettivo, la finalità ultima dell’esistenza », spiega Padre Charles Bonin, parroco-decano nella diocesi di Grenoble e autore del libro ‘Faut-il se préparer à la fin des temps’? (Artège, 2025). Egli distingue così la fine individuale, segnata dalla morte di ciascuno, e la fine collettiva, che apre alla “parusia”: l’avvento glorioso di Cristo alla fine della storia.

« L’attesa della fine dei tempi non è un atteggiamento passivo. È una vigilanza attiva », afferma. Ogni volta che preghiamo il Padre Nostro dicendo ‘Venga il tuo regno’, esprimiamo il desiderio che Cristo venga a regnare oggi nella nostra vita, ma anche nel mondo. Questa doppia tensione anima tutta la vita cristiana.

Padre Bonin cita a questo proposito il Catechismo della Chiesa cattolica (n°677), che annuncia una “prova finale” per la Chiesa, caratterizzata da una grande destabilizzazione della fede e da un’ultima impostura religiosa: quella dell’Anticristo, presentato come uno pseudo-messianismo in cui l’uomo si glorifica da sé al posto di Dio. «La Chiesa non conoscerà la gloria del Regno se non passando per la sua Pasqua, a immagine del suo Signore», ricorda.

Il mistero dell’iniquità e l’impostura religiosa

Il passo del Catechismo citato da Padre Bonin evoca il mistero dell’iniquità, secondo le sue stesse parole « un po’ misterioso », che annuncia l’impostura religiosa suprema e la sovversione delle norme alla fine dei tempi. Questo mistero, già in germe nella storia, culminerà in un’apostasia generalizzata dove l’amore di molti si raffredderà lasciandosi sedurre da false risposte alle aspettative degli uomini.

Ciò che il Catechismo descrive come una soluzione apparente ai problemi dell’umanità si paga al prezzo di un’opera demoniaca volta a distruggere l’immagine del Dio trinitario nell’uomo. L’ultima tentazione consisterà nel glorificare l’uomo al posto di Dio, in una forma di autosufficienza che nega l’incarnazione di Cristo. Questa lettura escatologica non vuole spaventare, ma invitare alla vigilanza, secondo le parole di Padre Bonin: «Attenderlo in modo dinamico, preparandoci a presentarci davanti al Signore, è già una protezione dal male» .

Una vigilanza attiva alimentata dalla preghiera e dalla fede

Prepararsi per questa fine non significa anticipare una catastrofe, ma vivere alla luce del Vangelo. « Il primo consiglio che darei è quello della vigilanza. Il cristiano è un vigile », insiste Padre Bonin. Tutta la nostra vita è una preparazione all’incontro con Cristo.

La preghiera nutre la veglia, come testimonia la tradizione monastica. « La vita religiosa è già un’anticipazione del Regno », spiega. I consacrati vivono lì rivolti all’eternità, in una vigilanza costante. La pratica dei sacramenti, in particolare dell’Eucaristia, ci prepara progressivamente a queste nozze dell’alleanza eterna.

« Cristo non ha eliminato la sofferenza, bensì l’ha assunta e trascesa.»

Ma c’è anche un altro cammino, spesso meno messo in risalto: quello del martirio, cioè della testimonianza di una speranza più grande e della sofferenza offerta in vista del Regno. « Cristo non ha eliminato la sofferenza, l’ha assunta e trascesa », dichiara. Unendo le nostre croci a quelle del Signore, entriamo nel mistero della redenzione. È in questa dinamica che ogni sofferenza può diventare cammino di salvezza.

Infine, e soprattutto, ogni battezzato è profeta, cioè è chiamato a denunciare il male e a dire il bene in parole e fatti. L’evangelizzazione e le opere di carità fraterna contribuiscono all’avvento del Regno già da oggi e in modo concreto. La Chiesa e i cristiani sono invitati a assumere pienamente questo ruolo politico in modo disinvolto nel mondo del nostro tempo, che ha sete di quella libertà e di quella pace che Cristo offre a ciascuno.

Quando la speranza crolla: volgersi verso la croce

Cosa fare quando la sofferenza diventa insopportabile e la speranza sembra sfuggirci? Padre Bonin invita quindi a un gesto semplice ma radicale: «Volgerci verso la croce». Si riferisce all’episodio biblico in cui Mosè erige un serpente di bronzo nel deserto. Questo segno di salvezza prefigura la croce di Cristo: «Quando sarà elevato da terra, attirerà a sé tutti gli uomini».

Guardare la croce significa adottare un altro punto di vista. Non si tratta di negare il dolore, ma di considerarlo dal punto di vista di Cristo, che ci eleva. « Si tratta di uscire dal nostro isolamento, da questa visione puramente umana della sofferenza », afferma. Così la croce diventa un cammino di vita.

Padre Bonin riconosce che questo cammino non è né semplice né immediatamente consolante. Ma permette di entrare in un significato più profondo dell’esistenza: « Comprendere che attraverso la sofferenza si compie un atto di redenzione ».

Vivere la Pasqua tutti i giorni

Padre Bonin riconosce che questo cammino non è né semplice né immediatamente consolante. Ma permette di entrare in un significato più profondo dell’esistenza: « Comprendere che attraverso la sofferenza si compie un atto di redenzione ».

Questa parola riassume tutta la speranza cristiana. Non siamo chiamati a sprofondare nel nulla, ma a entrare nella vita eterna. È questa certezza che dà senso alle nostre lotte, alle nostre sofferenze, alle nostre veglie: camminiamo verso una pienezza, verso un incontro: il compimento dell’alleanza.

La solidarietà nel bene come nel male

Padre Bonin sottolinea che il messaggio della croce non si riassume in una sconfitta, ma in un rovesciamento. Per illustrare questo, ricorre a un’immagine insolita: quella delle arti marziali. «Si utilizza la forza dell’avversario per rovesciarlo. Ma è proprio questo il messaggio della croce! Sulla croce, Cristo fa karate, rovescia la forza dell’avversario, non risponde al male con il male, il che non farebbe altro che aumentare il male. Lo disarma opponendovi l’amore e il perdono». Questa logica, che Padre Bonin qualifica con umorismo come strategia di aikido spirituale, è al cuore della speranza cristiana: non sconfiggere il nemico con la forza, ma volgere la sua violenza contro se stesso con dolcezza e fedeltà.

È anche così che si costruisce una vera solidarietà nella Chiesa. La vittoria di Cristo sul male diventa fonte di unità e speranza per tutti i credenti, invitati a seguire lo stesso cammino nelle loro stesse lotte.

Non siamo noi che ci portiamo, è lui che ci porta con la sua croce e la sua risurrezione

Per il Padre Bonin, questa attesa non deve essere segnata dalla paura, ma da una gioiosa speranza. Egli incoraggia a vivere questa dinamica quotidianamente, nella fedeltà alla preghiera, nell’offerta delle sofferenze e nella cura degli altri. Il cristiano è invitato a restare in piedi, sveglio, nella fede, attivo nella carità, sapendo che il Signore viene incontro a noi in ogni istante.

È unendosi alla croce di Cristo nel dono di sé che ciascuno può vivere pienamente questo passaggio. Alla luce della resurrezione, le paure sono collocate al loro posto giusto e la fede può fiorire nella pace. Colui che vive così è già beato.

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