Conferenza del Sig Cardinale Gérald Cyprien Lacroix
Arcivescovo di Québec, Primate del Canada
Santuario di Notre-Dame di Montligeon
9 novembre 2025
«Scegli dunque la Vita!»
Lc 7, 11-17
Il tema che desidero condividere con voi è: « scegli dunque la vita». Può sembrare sorprendente per delle persone venute a pregare per i loro defunti e che, peraltro, devono proseguire il proprio pellegrinaggio di vita.
La vita è un viaggio, un pellegrinaggio. Oggi il nostro percorso ci conduce fin qui, in questo Santuario di Notre-Dame di Montligeon. Che veniamo da vicino o da lontano, sono convinto che la nostra presenza in questo luogo non sia frutto del caso. Qualcuno ci aspettava qui questo pomeriggio.
Alla luce del Vangelo, vi propongo di proseguire lungo questo cammino lasciandoci guidare da una guida certa : Gesù Cristo. Parlerò in prima persona, e vi invito interiormente a ricevere questa parola ugualmente come “io”. La Parola di Dio di indirizza a ciascuno di noi. Non è un discorso generale. il Signore ci parla, e vi auguro di accogliere queste cose in modo personale.
Ciò che sto per condividere non ha lo scopo di informarvi o di riempirvi la testa di idee supplementari. Io mi auguro che venga accolto come la stessa Parola di Dio: essa parla, e noi possiamo scegliere di accoglierla. La Parola non è un mero commento spirituale alla nostra esistenza, né unicamente un’analisi o un contenuto. La Parola di Dio è sempre una proposta. Dio propone, Egli si propone, ma non si impone mai. La Parola sollecita la nostra libertà, rispetta la nostra interiorità, non invade; raggiunge quel che viviamo.
Ogni volta che ci esponiamo alla Parola, si apre un vero dialogo tra noi e Dio. Essa ci raggiunge per trasformare qualcosa al nostro interno: qualcosa di concreto, di reale.
Questo pomeriggio vi invito quindi non a ascoltare per comprendere, ma ad ascoltare per accogliere . Accogliere ciò che Dio vuole deporre in voi. Nessuno viene in un Santuario per caso: si viene per depositare nel cuore di Dio ciò che portiamo dentro e ciò che siamo, ciò che ci rallegra e quel che ci addolora.
Accogliere ciò che Dio vuole deporre dentro di noi. Accogliere ciò che egli vuole fare nascere in noi. Accogliere ciò che forse oggi ci mostrerà. E in seguito, ciascuno vedrà come rispondere alla sua Parola.
qewxNel libro del profeta Isaia ascoltiamo :
« Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della Prola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza avere compiuto ciò per cui l’ho mandata [1]. “
Che bella Parola! Prego con voi che la Parola che accoglieremo e mediteremo oggi faccia germogliare frutti dentro di noi. Che essa discenda e si radichi nel più profondo dei nostri cuori, che rischiari la nostra intelligenza, che converta il nostro modo di vedere e ci conduca ogni giorno più verso la via in pienezza, questa vita in abbondanza in cui ci introduce Gesù.
Giacché, come afferma l’autore della lettera agli Ebrei, « infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore [2]. “
Parlerò come « io » per permettervi di fare altrettanto. I propositi di questo pomeriggio non mirano solo a informare o arricchire le conoscenze, ma ad essere accolti nella vostra vita. Vi invito a entrare ora in una scena del Vangelo. Immaginate una città in Galilea, sotto il sole. Si intendono dei pianti. Una folla avanza lentamente. Viene portato un feretro; davanti cammina una donna. E’ una vedova. Ha già perso il marito, ed ora il suo unico figlio.
Ascoltiamo la proclamazione del Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca. (7, 11-17)
A quel tempo Gesù si recò in una città chiamata Naïm.
E facevano strada con lui i discepoli e grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova.
E molta gente della città era con lei.
Vedendola,
il Signore ne ebbe compassione e le disse:
« Non piangere. »
E accostatosi toccò la bara,
mentre i portatori si fermarono. Poi disse:
« Giovinetto, dico a te, alzati! »
Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare.
Ed egli lo diede alla madre.
Tutti furono presi da timore,
e glorificavano Dio dicendo:
« Un grande profeta è sorto tra noi
e Dio ha visitato il suo popolo. »
La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
Parola di Dio. Lode a Te, Signore Gesù.
Che bella pagina di Vangelo! Gesù si reca in una città chiamata Naim.
Si incontrano due processioni: quella della vedova che va a seppellire suo figlio, accompagnata dalla gente che condivide il suo dolore, e quella di Gesù con i suoi discepoli e una grande folla. Si incrociano alla porta della città.
La processione di morte esce dalla città. La conosciamo tutti: è anche la nostra. Chi tra noi non ha mai vissuto un lutto? Alzi la mano! Evidentemente… chi non ha conosciuto un lutto in famiglia, tra i suoi amici, le persone a lui care.
Io vedo questa madre; l’ho incrociata centinaia di volte al cimitero, all’ospedale, al bordo di un letto…La porto anche dentro di me: la parte di me che piange chi non c’è più, chi s’è disfatto, chi mi è sfuggito. Anche io sono questa donna.
Questa processione è la lenta marcia di tutto ciò che si disfa. Non c’è bisogno della religione per riconoscerla: è l’esperienza umana più universale. Nessuno vi sfugge. La morte non è una ipotesi: è la nostra condizione umana, ineluttabile, certa e condivisa. Poiché é certa, diventa spiritualmente fondante. Suscita la vera domanda esistenziale, quella che ci attraversa e ci spoglia delle nostre illusioni: s : no, non morirò ?, ma che coa in me non morirà, e come vivere in funzione di questo?
E non si tratta solo della morte biologica: c’è anche la morte di un amore, di un progetto, di un sogno. Ogni volta che dico: « E’ finita, non tornerà più, non c’è più niente da fare», sto camminando con la vedova di Naïm, portando sulle mie spalle ciò che è perduto. E la folla attorno non comprende sempre la profondità del dolore.
Questa processione è la nostra condizione umana, comune a tutte le epoche, e passa ancora tra noi: morte, separazione, lutto. Non si tratta di realtà del passato: sono ciò che viviamo. Riconoscere questo è già una grazia. non fuggire, non coprirsi di una vernice. Il Vangelo comincia qui: nel reale, la polvere, le lacrime . Il Dio di Gesù Cristo non si aspetta che noi siamo forti: ci raggiunge in questo cammino, nel nostro dolore. E’ Lui che viene a noi, là dove siamo.
Amo così tanto questo versetto del Vangelo di Giovanni : « Dio ha tanto amato il mondo da avere mandato il Suo unico Filgio affinché chiunque crede in Lui non perisca ma ottenga la vita eterna [3]. “
Due processioni si incontrano: una esce e l’altra entra. Alla porta della città. E di fronte a coloro che sono in lutto avanza l’altra processione: « A quel tempo Gesù si recò in una città chiamata Naïm. E facevano strada con lui i discepoli e grande folla. [4]. “ Anche lui è accompagnato da una folla. Non è un’idea religiosa, né un simbolo, né una consolazione psicologica: è un corteo reale. E’ la vita stessa che va incontro alla morte. E la Vita con la V maiuscola è Gesù.
Gesù non fugge la processione della morte. Cammina verso di questa. Noi, la maggior parte del tempo, indietreggiamo interiormente: ci proteggiamo, frapponiamo della distanza, ci induriamo, andiamo nell’astratto. Gesù fa esattamente il contrario: Egli cammina verso la madre che piange. Non evita il dolore; va verso la ferita.
Ovunque nel Vangelo si comporta così : Egli tocca il lebbroso, invita Zaccheo, raggiunge la donna adultera, la Samaritana. E là c’è una frase vertiginosa. San Luca scrive: « LIl Signore, vedendola, ne ebbe compassione [5] . “ Non è una teologia tecnica né un discorso complicato. Gesù non si avvicina per dire: « E’ meglio così » o « è libero dalla propria sofferenza». Non è una risposta astratta. «Non preoccupatevi, il tempo guarisce tutto». No, Gesù non risponde così. La Vita in persona, Gesù, è sconvolta da questa donna.
E’ Dio che scopro in Gesù: un Dio toccato dalla nostra pena, un Dio che ha cuore, che si lascia toccare perché ama, perché Egli è Amore.
Le due processioni si avvicinano e lo choc ha luogo alla porta della città. Non è anodino: nella Bibbia, la porta è un luogo di giudizio. di passaggio, di lotta, di decisione.
Gesù non passa per la porta… perché Egli è la Porta[6]. La frontiera tra la morte e la vita passa attraverso di Lui. Il Cristianesimo non incomincia con una morale o una saggezza, ma con l’irruzione d’un’altra processione nella storia umana: la vita che viene incontro alla morte per attraversarla.
Ed io, come quella madre, come quella folla, cammino tra queste due processioni. La domanda non è quella che mi ha visto nascere: noi non scegliamo la nostra storia. La domanda è: in quale processione decido di camminare ora? La morte o la vita?
C’è una scelta da fare. Nel pumto in cui i due cortei si incontrano alla porta, il cristianesimo dice: La vita non è l’altro nome della morte. La vita è più forte e viene verso di me. Mi è offerta da Dio, ls vita. La vita in abbondanza è la vita eterna. Del resto Gesù lo dice, ce ne ricordiamo. « Io sono venuto perché abbiate la vita, e l’abbiate in abbondanza[7] ».
Il testo del Vangelo prosegue: « E accostatosi toccò la bara,
mentre i portatori si fermarono[8]. “
All’epoca era un gesto insensato: non si tocca la morte, non si tocca l’impuro. E’ per questa ragione che i cimiteri erano all’esterno della città: per non essere contaminati. Ma Gesù lo fa. E’ il momento in cui la Vita posa la mano su ciò che il mondo crede irreversibile. Gesù mette la mano sulla morte perché vediamo che non è la fine.
Vedendo ciò, l’universo trattiene il respiro.
Da giovane, credevo che la resurrezione concernesse soltanto « dopo », più tardi. Ma qui Gesù agisce adesso. La resurrezione comincia quando Gesù tocca quel che era chiuso.
I portatori si fermano: tutto si sospende. Questo è il momento della conversione. Non all’inizio la morale o gli sforzi, ma la conversione come accoglienza della Vita che viene a me. Smetto di fuggire e accolgo. Gesù s’avvicina con compassione per quel che sto vivendo.
Poi Egli disse : « Giovinetto, ti dico, alzati. [9] » E’ per questo giovanetto, certo, ma anche per me, per te, oggi. Ogni volta che intendo questa parola, qualcosa in me può ridestarsi. La resurrezione non è solo alla fine: comincia adesso, nel caos, la polvere, alla porta, là dove credevo che tutto fosse finito.
La domanda diventa: accetto che Gesù mi tocchi, oppure continuo a camminare nella processione della morte, con la mia buona fede, le mie abitudini, le mie giustificazioni?
Sto continuando a camminare portando questo dolore? Questo lutto sulle mie spalle, nel mio cuore, oppure lascio che Gesù mi tocchi e mi dica « Alzati e cammina[10]. » Qui non c’è neutralità. Le due processioni non fanno che incrociarsi alla porta. Non camminano insieme. Bisogna scegliere.
Due versetti del Deuteronomio ci collocano davanti a questa scelta. Il Signore dice : « Metto dinanzi a te la vita o la morte, la benedizione o la maledizione. Scegli dunque la vita perché viviate, tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, ascoltando la sua voce, attaccandovi a Lui; è là che si trova la vita, una lunga vita sulla terra che il Signore ha giurato di donare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe. [11]»
E’ là che si trova la tua vita, una lunga vita sulla terra che il Signore ha giurato di donare ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe. Scegli dunque la vita. Gesù quando dice « alzati », non parla solo di un morto, parla di tutto ciò che in me è addormentato, disperato, anestetizzato, lasciato, dimissionato. Lo dice con la potenza della Parola creatrice nelle prime parole della Genesi: « Sia la luce[12] . “ E oggi davanti a te, davanti a me, Gesù dice: « Che sia la vita. »
Che cosa mi impedisce di alzarmi? Pronuncio una parola che non vi deve scandalizzare: il peccato. Il peccato mi impedisce di sollevarmi: non è una vergogna né un crimine, ma è quello che mi ferma alla vita, ciò che pone limiti all’accoglimento dell’amore di Dio che vuole purificarmi, sollevarmi, trasformarmi, convertirmi.
Oggi il Signore viene a toccare il peccato in me, la morte in me, e a dirmi: « Alzati, sei amato,sei chiamato a vivere.» E’ bello che questo Santuario offra tanti sacerdoti per accogliere i peccatori e sollevarli. Quando Gesù parla, il peccato arretra, perché la vita non entra per costrizione ma per vocazione. Quando mi lascio guardare da Gesù, scoprire la sua tenerezza, ciò mi dà voglia di andare verso di Lui e lasciarmi purificare.
La vita – la vita vera – non nasce dalla costrizione. Si può ottenere obbedienza o conformità, ma non la vita. La vita entra come vocazione, un « vieni », un « seguimi ». Un invito che tocca la libertà della persona.
Quando costringi qualcuno, puoi ottenere obbedienza, conformità, gesti eesteriori, ma non ottieni vita. La vita nel senso profondo non può entrare in qualcuno se non è colta come vocazione. Quindi relazione. quindi libertà, quindi consenso.
La costrizione rischia di forzare; l’appello attira.
Io amo molto quel che dicono i gruppi delle dodici tappe, come gli Alcoolisti Anonimi: « l’attirare piuttosto che la pubblicità ». Gesù ci attira col suo amore, la sua benevolenza.
« Io ti dico, alzati » : questa voce attraversa i secoli. Possiamo ascoltarla ancora. E il figlio si alza. Il Vangelo dice: « Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare, e Gesù lo diede a sua madre[13]. “
Niente è perduto, niente è definitivamente chiuso, niente è condannato a restare morto. La Vita rimette insieme, ripara, apre un avvenire. (la Vita con la V maiuscola è Gesù).
La folla è presa da grande timore: non da paura, ma da meraviglia. Dicono: « Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo[14]. “ Dio visita il suo popolo. Non guarda da lontano. Egli dice: « Ecco, vengo da te. »
Dio visita il suo popolo. Dio viene. Dio raggiunge. Il nostro Dio non ci guarda da lontano. Nella Bibbia, Dio non domanda « vieni a meritare la vita.Vieni a dimostrarmi che tu sei abbastanza buono perché io ti ami. » No ! Egli dice : « eccomi, vengo da te. » Egli tende la mano, ci mostra il suo cuore. E allora, si può comprendere all’improvviso che la frontiera tra la morte e la vita non è un muro invalicabile: c’è un passaggio. E’ il senso stesso della parola Pasqua : passaggio dalla morte alla vita. Il passaggio dalla morte alla vita che si celebra tutte le domeniche ed evidentemente la settimana santa.
Qui, portiamo nella processione di vita coloro che camminavano nella processione di morte. E’ ciò che facciamo a Montligeon. Questo Santuario ci accoglie con i nostri lutti, le nostre lacrime, le nostre domande, e ci accompagna per ripartire nella processione della vita.
Intercedere, è questo : aprire una breccia per lasciare la vita passare nella morte, e lasciare che la morte si apra alla vita. Per questo siamo qui oggi. Non c’è niente di magico, niente di esoterico. E’ giusto aprire la propria vita, la propria realtà al padrone della vita, il nostro salvatore e redentore: Gesù Cristo.
Il testo evangelico non è là per raccontare «c’era una volta» :è una Parola per me oggi. Non acclamiamo parole, bensì la Paola del Dio vivente.
La question est : Dans quelle procession je choisis de marcher aujourd’hui ? Continuer dans la procession de la mort, où je subis, où je me résigne ? Ou choisir d’entrer dans la procession de la vie, où j’accueille Jésus comme la Porte ?
Où je laisse Sa parole me dire lève-toi !
Non ho bisogno di essere puro, perfetto o forte per scegliere la vita. Posso cambiare corteo quest’oggi.
Alla porta della città, la morte e la vita si incontrano, e la vita ha l’ultima parola.
Posso lasciare che Gesù poggi la mano su ciò che in me è chiuso. Posso lasciare che la Sua Parola raggiunga ciò che in me è addormentato. Posso dire: « Non so tutto, ma posso dire sì. Sì alla vita che viene a me. Sì a Gesù che è la porta. »
Nella basilica cattedrale di Notre-Dame di Québec, abbiamo una porta santa.
Quando il modello è stato presentato, ho domandato due modifiche: un viso più benevolente e la mano destra lievemente più in rilievo sul bronzo, affinché le persone possano prendere la mano di Gesù. In occasione della benedizione un 8 dicembre, mi sono inginocchiato e ho detto: « Signore, sono il primo a prendere la tua mano. » E Gli ho chiesto di attirare a sé tutti coloro che desiderano entrare. Tu che sei la bvita. Tu che sei la pace, tu che sei la speranza.
Se un giorno verrete in Québec, vedrete questa porta. La mano di Gesù è tutta lucida, tante sono le persone che l’hanno presa!
Lasciamo che le parole di Gesù risuonino dentro di noi : « Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di me[15]. » Questa pagina del Vangelo ci rivela il Dio che adoriamo, con cui siamo in relazione, in amicizia, in alleanza: il Dio della vita, non della morte. La scena vissuta a Naïm prefigura la resurrezione di Cristo. Il figlio di Naïm morirà di nuovo, ma grazie alla morte e alla resurrezione di Gesù la morte è vinta. Pasqua ci ha aperto la porta dell’eternità. Papa Benedetto XVI amava chiamare questa speranza un speranza affidabile: la nostra fede.
Ciò che si è vissuto a Naïm è un segno di ciò che ci attende quando Gesù verrà a incontrarci perché entriamo nella vita eterna. Nella fede di Pasqua, è una realtà cui aspiriamo. La resurrezione del figlio di Naïm non è che un bel miracolo isolato. E’ il mistero pasquale anticipato nella carne di un morto reso vivente.
Madonna Liberatrice, che festeggiamo quest’oggi, conducici a Colui chhe è la Vita e che ci offre la Vita. In Lui, la nostra speranza fidente.
Molte grazie della vostra attenzione.



