« Una persona viene a mancare e tutto si spopola », scrisse Lamartine. Per molti, queste parole risuonano profondamente quando evocano l’assenza, il silenzio, il vuoto lasciato da una persona cara. Ma si può davvero “elaborare il lutto”? Questa espressione così spesso usata è corretta? Cosa racchiude?
Intervista a Suor Cécile, priora della comunità della Nuova Alleanza. Intervista condotta per il programma Sanctuaires normands su RCF Orne-Calvados-Manche.
«Il lutto tocca l’essere , non solo il fare»
L’espressione “elaborare il lutto” potrebbe suggerire che esista un metodo, una soluzione rapida da applicare. Tuttavia, sottolinea suor Cécile, “il lutto non è un compito da assolvere. È una prova che tocca tutto l’essere”. Sconvolge tutte le dimensioni: fisica, emotiva, psicologica, intellettuale e spirituale.
Stanchezza, tumulto interiore, interrogativi sul senso della vita e il tremore emotivo che ci scuote sono tutti segnali che il dolore non può essere risolto con un semplice sforzo di volontà. “È un viaggio, un viaggio interiore.”
Il lutto necessita di tempo
Non esiste un calendario per il lutto. Suor Cécile insiste: “Non è un percorso lineare con caselle da spuntare. Andiamo avanti, andiamo indietro, torniamo indietro”. Alcune fasi definite dagli psicologi – come la negazione, la rabbia, la tristezza e l’accettazione – possono aiutarci a orientarci. Ma non seguono necessariamente un ordine specifico.
Il tempo è un alleato prezioso. Dobbiamo accettare che la ricostruzione sarà graduale. “Non esiste una ricetta miracolosa”, afferma. “Tutti troveranno, lungo il cammino, i piccoli ponti che permetteranno loro di spostarsi da uno stato all’altro”.
A Montligeon : accogliere, ascoltare, accompagnare
Al santuario di Montligeon, chi è in lutto trova uno spazio accogliente e di sostegno. “Offriamo un luogo in cui la sofferenza può essere espressa senza giudizio”, spiega Suor Cécile. “Questo è essenziale, soprattutto quando il mondo esterno riprende rapidamente il suo corso normale, lasciando spesso le persone in lutto in uno stato di estremo isolamento”.
Dopo le prime settimane, in cui si è spesso circondati da persone, arriva il periodo più solitario, in cui emergono domande vere e un dolore profondo. È qui che l’ascolto diventa cruciale.
Suor Cécile affronta anche le cinque fasi principali del lutto individuate da Elisabeth Kübler-Ross: negazione, rabbia, negoziazione, tristezza, accettazione e, per i credenti, un’ultima fase, più spirituale: l’offerta. “Offrire a Dio chi ci ha lasciato, creare uno spazio interiore per la persona amata, significa riscoprire una comunione, diversa ma molto reale, nella fede”.
Quando non abbiamo potuto dire arrivederci
La questione dell’ultimo saluto ritorna spesso, soprattutto dopo il periodo del Covid, quando molti sono stati privati di questi momenti. Suor Cécile riconosce che l’impossibilità di vedere la salma un’ultima volta o di dire addio complica il processo di elaborazione del lutto.
Tuttavia, “non è mai troppo tardi”, afferma. “Come per il perdono, possiamo sempre dire grazie, ti amo e mi dispiace, anche dopo la morte”. Ricorda la presenza della Vergine Maria, “nell’ora della nostra morte”, e quella dell’angelo custode, segni di un sostegno invisibile ma reale.
Quando la fede sembra impotente
Anche per i credenti, il dolore del lutto può scatenare una crisi spirituale. “È possibile essere arrabbiati con Dio o non credere più affatto. Non c’è motivo di vergognarsi o sentirsi in colpa per questo.”
« Dire la propria sofferenza è cosa immensa. »
E se uno non “elaborasse mai il lutto”?
Alcune persone affermano di non aver “elaborato il lutto”, nemmeno a distanza di anni. È normale? “Sì”, risponde suor Cécile. “Perché il dolore è legato all’amore. Il lutto non significa non soffrire più o dimenticare”. Ciò che cambia è l’intensità, la forma del dolore. Può placarsi, diventare più sereno.
E cita il Cristo risorto, che porta ancora le ferite della Passione: «Non sanguinavano più, ma erano ancora lì». Il lutto non cancella la memoria, ma è chiamato a trasformarsi in una ferita meno acuta e più dolce.
Un messaggio di speranza
Suor Cécile conclude con questa citazione di Benedetto XVI:
“Non è mai troppo tardi per toccare il cuore di un altro. Non è mai vano”.
Questo, afferma, è il cuore della speranza cristiana. Anche nella prova più oscura, una via rimane aperta.
Suor Cécile ci incoraggia a non restare soli, a circondarci di persone capaci di ascoltare con attenzione, senza consigli preconfezionati o ingiunzioni dannose.




