Sorprendentemente, voi non trovate che, per celebrare la solennità dell’Assunta – mistero Glorioso del rosario – la Chiesa proponga il passaggio del Vangelo della Visitazione, mistero della gioia.
L’Assunzione di Maria non possiede un suo Vangelo proprio? Ebbene, no. Il Nuovo Testamento, lo sapete, non dice nulla della fine della vita di Maria. Quindi, la Chiesa non aggiunge troppo? Non concede forse uno splendore e privilegi irragionevoli a questa “umile serva”, come Maria si definisce? C’era bisogno di questi due dogmi tardivi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione?
Questi dogmi non sono “ukaz” papali! Sono solo la traduzione tardiva, da parte del Magistero della Chiesa, del sensus fidei, del “senso della fede” dei fedeli. E’ nel Santo Popolo di Dio che si è forgiata gradualmente la convinzione che Maria, che non partecipò alla caduta di Adamo, non ha sperimentato la corruzione del sepolcro. Non ci sono reliquie del corpo di Maria, né tomba di Maria.
Seguiamo la Vergine Santa in questa magnifica storia. I partecipanti alla GMG, me compreso, sono felici di trovare in questa scena della visita il tema dato dal Santo Padre: “Maria si alzò e se ne andò in fretta” (Lc 1,39). « Αναστασα δε Μαριαμ » – è il verbo della Risurrezione. Maria si leva come risorta, perché ha appena ascoltato l’annuncio dell’Angelo e ora porta nel suo grembo la sorgente della Vita.
Allora, perché questo Vangelo della Visitazione ? Forse perché Maria annuncia ciò che oggi celebriamo: “D’ora in poi tutti i secoli mi chiameranno beata”. Questa è la prima beatitudine del Vangelo di San Luca. L’Assunzione è una beatitudine.
Colei che sa prendersi il tempo di “meditare nel suo cuore”, in questo momento decisivo e così misterioso, non resta a interrogarsi sulle conseguenze del Sì che ha appena dato all’Angelo del Signore. Ella parte in fretta per andare ad incontrare sua cugina Elisabetta.
San Luca ci presenta l’incontro esultante della giovane vergine e della vecchia sterile, entrambe portatrici della vita come puro dono di Dio, padrone della Vita.
Ci è familiare l’esclamazione di Elisabetta, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo: “Tu sei benedetta tra tutte le donne”. Quante volte l’abbiamo pronunciata sui grani del nostro rosario… Questo spiega la sorpresa di Elisabetta: “A cosa debbo che la Madre del mio Signore venga a me?”. È anche la nostra sorpresa, perché Lei, la Madre del Signore, viene a noi oggi, a ciascuno di noi. Contrariamente alle apparenze, non siamo noi a visitarla, in questo santuario dedicato alla Madonna: è Lei che visita noi. E Lei non è sola, ci porta Suo Figlio! E, con Lui, tutto il tesoro della Fede e della Salvezza.
Non solo ci presenta Gesù, ma testimonia in Sé la Salvezza in Gesù. Infatti, se Maria è la Madre del Salvatore, è anche la prima salvata. Non è separata dal genere umano: ha avuto bisogno, come tutti i discendenti di Adamo, di essere liberata dal giogo del peccato.
Se Ella è “benedetta tra tutte le donne”, è a causa del suo ruolo unico nella storia della salvezza. Per questo, essa è salvata dal peccato in modo eminente, in anticipo, fin dal primo giorno del suo Concepimento “per una grazia già venuta dalla morte del suo Figlio”. È come perdonata in anticipo.
E come all’inizio della sua vita, anticipa il dono della Redenzione – è l’Immacolata Concezione – così alla fine della sua vita anticipa la Risurrezione della carne – questa è l’Assunzione. Lo abbiamo sentito nella lettera ai Corinzi: “In Cristo tutti riceveranno la vita, ma ciascuno nel suo ordine“. Maria è in prima fila. È privilegiata non perché è al di sopra dell'”uomo comune”, annoverata tra i pochi fortunati. « pochi fortunati », ma perché Dio non ha “voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro, colei che ha portato nella sua carne il proprio Figlio”, come canta il Prefazio di questa festa.
Il peccato, la morte, il degrado del sepolcro, che fanno parte della nostra condizione umana, sono conseguenze del rifiuto di Dio, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura. La separazione del corpo e dell’anima, nell’ora della nostra morte, non è una liberazione, è una mancanza. Il nostro corpo non è l’involucro temporaneo della nostra anima, tanto meno la sua prigione, è parte della nostra personalità, della nostra identità. Dio non vuole che questa meraviglia sia distrutta per sempre. Questo è ciò che chiamiamo la “risurrezione della carne”. È molto misterioso, può essere rappresentato solo contemplando Gesù risorto e Maria nella sua Assunzione. Sono l’immagine di ciò che siamo chiamati a diventare.
Per questo fa parte della nostra vocazione rispettare il corpo umano, Tempio dello Spirito, rispettarlo dal grembo di sua madre, dove il Vangelo di oggi ci mostra che è pienamente vivo – “il bambino ha trasalito di gioia nel mio grembo” – rispettarlo in ogni momento della vita, di tutta la vita, rispettarlo fino agli ultimi momenti della sua vita terrena – come non ricordarlo con un accento di urgenza e di preoccupazione, in un momento in cui il nostro Paese si prepara a legalizzare l’eutanasia?
L’Assunzione, dunque, non è un invito a contemplare una donna inimitabile in una luce inaccessibile. Ella evoca la nostra vocazione ultima, ci impegna a rialzarci anche noi, in fretta, per seguire Gesù, portarlo agli altri, vivere già quaggiù, nel nostro corpo, della vita del Risorto, che fiorirà pienamente nell’eternità beata. Amen.