Un giorno, la nostra vita finirà. E questa certezza ci spaventa. Una paura che è tanto più grande perché la nostra società vuole nasconderla, sdrammatizzarla, cancellarla. Ma la morte ha davvero l’ultima parola? Un messaggio di don Paul Denizot per il mese di novembre.
Cari amici,
Com’è triste il mese di novembre. Fa freddo, piove, il cielo è nuvoloso, la notte scende più velocemente, il sole sorge più tardi e cadono le ultime foglie degli alberi, ricordandoci che stiamo entrando irrimediabilmente nell’inverno. Probabilmente non per niente, del resto, la Chiesa ha scelto questo mese di novembre per ricordare i defunti.
È un’occasione per noi per visitare i cimiteri, per ricordare coloro che abbiamo amato, un padre, una madre, un fratello, una sorella, un parente, un amico, un nonno. E molto spesso, per molti di noi, una nonna che piangiamo e del cui amore incondizionato sentiamo la mancanza. Il mese di novembre è anche un’occasione per ricordare che noi stessi un giorno moriremo. Ed è una certezza, che siamo ricchi, poveri, belli, brutti, giovani o vecchi.
La morte ci fa paura
Un giorno, la nostra vita finirà. E questa certezza ci spaventa. Ci spaventa anche perché ci ricorda la nostra solitudine. “Dormiamo l’uno contro l’altro, viviamo l’uno contro l’altro”, canta Fabienne Thibeault. Ma alla fine della giornata, ti rendi conto che sei ancora tutto solo al mondo”. La morte ci spaventa anche perché non la controlliamo.
Un giorno
la nostra vita finirà.
E questa certezza
ci fa paura.
“Mors certa”, dice un proverbio latino e “hora incerta”. La morte è certa, ma l’ora è incerta. E in una società secolarizzata che esalta l’onnipotenza, la si nasconde, la si sdrammatizza, la si domina come cercano di fare i transumanisti e, infine, si provoca come il suicidio assistito o l’eutanasia. Tanti modi per evitare la domanda.
La morte ha l’ultima parola?
Perché, alla fin fine, la morte è una domanda. La domanda ultima, la domanda fondamentale della nostra esistenza: qual’ è l’ultima parola? È la morte, il male e la sofferenza? O è la vita e l’amore? Sentiamo nel nostro cuore che c’è qualcosa che fondamentalmente resiste alla questione della morte: è l’amore.
Crediamo, speriamo fondamentalmente, che l’amore sia più forte di qualsiasi cosa. E questa è la buona notizia del Vangelo: che Dio si è fatto uomo, che è morto e che ha vinto definitivamente la morte.
Don Paul Denizot, rettore
del Santuario di Notre-Dame di Montligeon