La sofferenza alla fine della vita

Tutti abbiamo paura di soffrire ed è normale. Che dire della sofferenza alla fine della vita? Di che tipo di sofferenza stiamo parlando? E il suicidio assistito? Analisi di Don Paul Denizot per il programma Sanctuaires normands su RCF.

Don Paul Denizot, recteur du sanctuaire Notre-Dame de Montligeon

Tutti noi abbiamo una reazione istintiva e salutare di fuga rispetto a ciò che può farci soffrire. Reazione alla sofferenza fisica che colpisce il corpo, reazione alla sofferenza psicologica o alla depressione, reazione a questa o quella difficoltà che ci affligge. C’è un’altra forma di sofferenza che è di ordine spirituale e mi sembra più profonda della sofferenza psicologica. È la sofferenza della solitudine, del non essere amati.

Alla fine della vita, di che tio di soferenza si parla?

Ho accompagnato diverse persone alla fine della vita e ho osservato diversi tipi di sofferenza. C’è ovviamente la sofferenza del corpo che declina, che non reagisce più o reagisce male, del dolore. C’è anche il problema della vecchiaia e della perdita di autonomia. Ma c’è anche il dolore di lasciare i propri cari, la paura del passaggio (abisso, nulla o vita?), i dubbi, l’ignoto.

Ci possono essere anche sensi di colpa, rimpianti, perdono non dato. C’è anche l’isolamento e la solitudine dei malati o degli anziani che non sono visitati o sono visitati solo raramente dai sani. Penso a quegli anziani nelle case di riposo che si sentono soli, abbandonati come rifiuti, secondo Papa Francesco. Dicono che non mancheranno a nessuno ed è una sofferenza terribile. Eppure la loro vita vale la pena di essere vissuta fino alla fine.

Che cosa pensare del suicidio assistito?

Ho già sentito persone che soffrono dirmi che vogliono morire. C’è sofferenza fisica. Ma il più delle volte questa può essere alleviata attraverso le cure palliative, che consentono anche un supporto umano per le persone alla fine della vita.

Ci sono anche persone che vogliono morire perché non vogliono dipendere dagli altri. Si tratta di una vera e propria sofferenza molto presente in una società che non sa più prestare attenzione alle persone vulnerabili e fragili. Non c’è da stupirsi che arrivino a desiderare di morire per non disturbare. Ci sono molte paure rispetto alla dipendenza e al declino.

Un grido comprensibile

Questo grido della persona che vuole morire, lo capiamo. Anche nella Bibbia, personaggi come Elia o Mosè chiedono la morte perché non ce la fanno più, o perché portano un carico troppo pesante. Morire sarebbe più facile! Ma non è la morte che si cerca, è la fine del calvario. Non vogliamo davvero morire.

L’esperienza mi ha anche dimostrato che questa esigenza può cambiare se passiamo un po’ di tempo con le persone, ascoltandole, permettendo loro di esprimere la loro sofferenza. Ricordo una persona anziana che mi disse che voleva morire. Dopo mezz’ora di discussione, mentre me ne stavo andando, gli chiesi: “Vuoi ancora morire?” Risposta: “No, ma Lei quando torna?” La sofferenza più grande è la sofferenza della solitudine.

Trovate il seguito di questo articolo su Chemin d’éternité n°320 di luglio 2024.

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