Lo sguardo di Gesù, omelia di Mons. Pascal Gollnisch

Nell’omelia di domenica 10 novembre, Mons. Pascal Gollnisch, Direttore Generale de L’Œuvre d’Orient, riflette sulla potenza dello sguardo di Gesù, che coinvolge tutta la nostra responsabilità. Il nostro sguardo deve essere corretto e purificato, a immagine dello sguardo che Gesù getta su ognuno di noi: uno sguardo di misericordia, amore e speranza.

Ecco quindi dei pellegrini a Gerusalemme che fanno un’offerta, come si fa quando si è pellegrini e si arriva a un santuario, come sicuramente farai tra poco. O forse l’hai già fatto. Non sappiamo se darai qualcosa dalla tua povertà o dalla tua superfluità, ma Gesù ti guarda spesso nel Vangelo. Ci viene raccontato lo sguardo di Gesù. È uno sguardo che deve aver colpito.

“Gesù sta guardando

Non so se ti sei mai trovato in una situazione in cui qualcuno ti guarda con una forza particolare negli occhi. Gesù spesso guarda e vede ciò che gli altri non vedono. A volte vede persone disprezzate, come Zaccheo, l’esattore delle tasse appollaiato su un albero.

Vede lui, Zaccheo: “Oggi andrò a casa tua”. Vede lo storpio, vede il peccatore, è in grado di vedere nel profondo degli esseri. A volte il suo sguardo è di rabbia, ad esempio nei confronti dei farisei che criticavano il fatto che potesse guarire un uomo durante il sabato. Li guardò con rabbia.

Mons. Pascal Gollnisch, Direttore Generale di Œuvre d’Orient

A volte vede i peccatori più profondamente dei loro peccati, forse più profondamente di loro stessi. Vede nell’adultera qualcosa di più profondo del suo adulterio, la sua capacità di fare penitenza, di convertirsi. Vede il ladro sulla croce, quello che noi chiamiamo il buon ladrone, ma che doveva essere un grande criminale. Vede in lui qualcuno che potrà entrare in paradiso con Gesù. Riesce anche a guardare il giovane ricco.

Il Vangelo ci dice che lo vede e lo ama. Penso allo sguardo di Gesù quando vede il giovane ricco andarsene, tutto triste, perché aveva grandi beni. Sì, siamo responsabili, fratelli e sorelle, per ciò che vediamo o per ciò che non vediamo. Sì, viviamo in una società in cui vengono mostrate molte cose e a volte siamo spettatori più o meno passivi di ciò che ci viene mostrato.

E noi lo guardiamo secondo lo spirito del mondo. Finiamo per vedere ciò che la gente vuole che vediamo, mentre come cristiani dobbiamo andare oltre. Dobbiamo guardare più in profondità. Siamo responsabili di ciò che vediamo come cristiani o di ciò che rifiutiamo di vedere. Siamo responsabili di ciò che vediamo come cristiani o di ciò che rifiutiamo di vedere.

Non possiamo dire “non lo sapevo” perché non abbiamo provato a vedere. Tu cerchi di vedere? A volte le Scritture dicono: “Hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non sentono”. Cosa state scrutando, voi che siete osservatori? Cosa state aspettando? Cosa volete vedere? Come cristiani, siamo tutti invitati a voler scrutare la bellezza di Dio.

Vediamo i segni della sua bellezza. Sì, il cristiano è qualcuno che vede la bellezza dove a volte il mondo non la vede più, perché vede nella bellezza i segni della bellezza di Dio, che forse vedrà solo dopo la sua morte. Cristo vede questa donna che dà un po’ di quello che le serve.

È in grado di vedere in lei ciò che è più profondo. È in grado di vedere forse più ricchezze di quelle che lei vede in se stessa, perché a volte non vediamo il nostro cuore con molta precisione. A volte siamo sopraffatti dai nostri difetti e li misuriamo con questa auto-accusa.

Siamo tristi per aver peccato perché ci vergogniamo di noi stessi, che è un altro modo di guardare a noi stessi in modo ingiusto. Il peccato è grave perché riguarda Dio, perché riguarda il nostro prossimo, ed è questo che dobbiamo vedere.

E poi il Signore guarda a ciò che di più profondo c’è in quella persona. Spesso viviamo alla periferia di noi stessi. Come sai, Papa Francesco ci invita ad andare nelle periferie della Chiesa, dove le persone sembrano essere dimenticate da tutti, invitando la Chiesa ad essere presente lì.

Ma forse siamo noi stessi a vivere alla periferia della nostra vita. Siamo noi che a volte ci circondiamo di apparenze superficiali senza guardare in profondità dentro di noi. Forse la vita di un cristiano consiste nel saper vedere ciò che siamo veramente. Ci sono così tante bugie nelle false immagini, nelle apparenze. Come quei farisei, ci sono tante bugie sulla parte più profonda di ogni persona, sulla dignità che porta con sé.

Guardate quanto è difficile in questi dibattiti sull’aborto, o piuttosto la mancanza di dibattiti, dire che la posta in gioco è una vita fragile che il mondo si rifiuta di vedere. Una futura madre porta in sé molto più del proprio corpo. E noi le dobbiamo la verità.

Dio guarda all’immagine di Dio in ognuno di noi, più profonda del nostro peccato, più profonda dell’immagine che vorremmo dare di noi stessi, ma che non è vera.

Sì, fratelli e sorelle, è la parte più profonda della persona che Cristo è venuto a raggiungere, al di là di ogni apparenza e finzione. E forse il purgatorio è proprio quel momento in cui i nostri occhi vengono purificati per prepararci a vedere la bellezza di Dio. E poiché vedremo la bellezza di Dio, vedremo Dio che ci guarda in verità, Dio che guarda l’immagine di Dio che ognuno di noi porta, più profonda del nostro peccato, più profonda dell’immagine che vorremmo dare di noi stessi, ma che non è in verità.

Il percorso di una vita, qui sulla terra o nell’aldilà, ad esempio in purgatorio, è proprio questa purificazione dello sguardo che ci permette di concentrarci su ciò che di più grande e bello c’è in ogni persona che siamo. C’è qualcosa di profondamente speranzoso in questo: purificare il nostro sguardo per poter vedere i segni del Regno.

Fratelli e sorelle, in queste domeniche di novembre siamo giunti alle ultime domeniche dell’anno liturgico, che sta per concludersi. Il compimento arriverà con la celebrazione di Cristo Re dell’universo, che ci mostra la fine della storia facendoci celebrare il completamento dell’anno liturgico prima di un nuovo anno che inizierà con l’Avvento, la preparazione al Natale, la preparazione alla nascita di Gesù nel nostro mondo.

Sì, i cristiani devono vedere i segni del Regno. A volte vediamo cose terribili nel mondo, voci di guerra e guerre. Vediamo il materialismo che sembra imprigionare i cuori. Vediamo la perdita di ciò che significa essere umani, la perdita di quell’umanesimo radicato nella fede cristiana.

Sì, c’è tutto questo, ma c’è anche il segno del Regno. A volte ci sono vite folgoranti, vite di donazione, vite che accettano di sacrificarsi per amore di Gesù. Ci sono vite che, nell’umiltà, sono segni del Regno. Dobbiamo vederle. Dobbiamo vedere lo Spirito all’opera nella storia del nostro tempo, nella storia del nostro mondo.

Vi invito, fratelli e sorelle, ogni volta che potete, a ripetere questa preghiera alla Madonna di Montligeon, anche solo per un passaggio:

“Madre della Chiesa, aiutaci, pellegrini della terra, a vivere meglio ogni giorno il nostro passaggio verso la risurrezione. Guariscici da ogni ferita del cuore e dell’anima. Rendici testimoni dell’invisibile, già protesi verso ciò che l’occhio non può vedere. Apostoli della speranza, come le sentinelle all’alba”.

Chiediamo a Maria, che è stata testimone di tutti gli eventi, soprattutto quelli tragici, della vita di Gesù, di renderci testimoni dell’invisibile e guardiani della speranza.

Amen.

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