Qui di seguito l’omelia di Ognissanti 2021 a Montligeon, di don Paul Denizot. Il mondo può sembrarci folle, iquietante. Celebrando Ognissanti, noi crediamo che il Regno di Dio è già una realtà. Ognissanti ci mostra che è l’amore che ha l’ultima parola sul male e sulla morte.
“Stone, le monde est stone ; je cherche le soleil au milieu de la nuit ; j’sais pas si c’est la terre ; qui tourne à l’envers ; ou bien si c’est moi ; qui me fait du cinéma ; qui me fait mon cinéma.”
Starmania
Mi sono imbattuto in questa canzone di Starmania la scorsa settimana e trovo che essa sia particolarmente attuale.
Esprime quel che provano un buon numero di persone che ho incontrato qui a Montligeon, turisti, visitatori… e che noi stessi possiamo provare oggi.
Il mondo ci può apparire folle, inquietante
Improvvisamente, non riusciamo a proiettarci in avanti, a causa della paura dell’avvenire, della paura delle crisi. Crisi geopolitiche, crisi ecologica, crisi sanitaria, crisi sociali, e violenza, solitudine, rassegnazione…
In questa atmosfera deleteria la cui tristezza è aplificata dal cinismo di certi media e delle reti sociali, il futuro sembra oscuro, inquietante per molti, senza contare le nostre prove e e nostre difficoltà della quotidianità (lutto, disoccupazione, difficoltà familiari…)
Dove trovare il sole in mezzo alla notte?
Allora oggi possiamo eccitarci e trovare un osso da rosicchiare con ‘elezione presidenziale del 2022, e poi dopo? Dopo si parlerà forse della Coppa del mondo del Qatar e poi di Parigi 2024, cercando un piccolo senso alla nostra esistenza, delle piccole scadenze per permetterci di sopravvivere in attesa della morte.
Nell’inquietudine che potremmo provare di fronte a un futuro incerto, potremmo anche rifugiarci nella letargia (divano, pizza, Netflix… il combattimento coraggioso del prigioniero) o nella nostalgia. Nostalgia di ciò che avremmo potuto essere, di ciò che avremmo potuto o dovuto fare e non abbiamo fatto (quanti uomini e donne si fissano nelle direzioni sbagliate intraprese qualche anno prima nella loro vita, a livello professionale, familiare, personale… rimpianti, rimpianti…Nostalgia di un passato che non è più.
Celebrando Ognissanti, crediamo che il Regno di Dio è già una realtà
In questo contesto triste, la festa di Ognissanti che oggi celebriamo getta una luce definitiva su tutto quel che riguarda la nostra vita e su queste paure del futuro. Ognissanti è la luce del sole che noi cerchiamo nel mezzo della notte e che risplende nelle tenebre.
In effetti, festeggiando i santi del Cielo he ci precedono nella gloria di Dio, folla immensa di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, noi festeggiamo il nostro futuro.
Ci ricordiamo che abbiamo un futuro. Che Dio ci dona un futuro. Ci ricordiamo che oggi e per tutta la nostra vita noi siamo in pellegrinaggio verso la nostra vera Patria, che attendiamo la vita del mondo che verrà.
In mezzo alle lotte, alle prove, e ai dubbi che sorgono nella nostra esistenza, e che la nostra speranza non sopprime, ci ricordiamo che tutto quel che fa parte della nostra vita ha un senso. Che essa non termina con la morte, ma che è portata da una grane speranza.
Per parafrasare Anne Gavalda, Qualcuno mi attende, ci attende da qualche parte. Celebrando Ognissanti noi crediamo che il Regno di Dio, regno di pace e di gioia, è già una realtà con tutti i nostri antenati/fratelli e sorelle, nella gloria, e che noi abbiam un posto, siamo attesi.
Ognissanti ci mostra che l’amore ha l’ultima parola sul male e sulla morte
Cari amici, crediamo veramente che le più grandi felicità, le più belle gioie della nostra vita siano davanti a noi? Quale che sia la nostra età, quali che siano i nostri successi o i nostri fallimenti, le nostre prove o le nostre ferite. Le nostre più grandi felicità sono davanti a noi. questo è il centro della speranza cristiana. Il Cristo è morto e risorto per vincere la morte e farcela attraversare con lui. Là è il nostro avvenire.
Allo slogan No future dell’ideologia punk, il cristiano risponde: Yes future infatti !
Le più grandi gioie della nostra vita non sono dietro di noi, ma davanti a noi. Questo per cominciare è il senso della festa di Ognissanti! E’ l’amore che ha l’ultima parola sul male e sulla morte. E questo Amore ci attende.
La festa di Ognissanti è anche l’occasione, insieme con il giorno dei morti che celebriamo domani 2 novembre, di pregare per i nostri defunti, per tutti i defunti.
Ma alcuni pensano che la morte sia la fine definitiva della nostra esistenza e dei nostri rapporti, e ci invitano a accettare una saggezza della disperazione, a coltivare il proprio giardino, a non mirare troppo in alto, a non attendere più altro…
Altri invece accettano al reincarnazione come un grande reset della nostra vita per passare ad altra cosa con altre relazioni (facendo sparire quelle che erano state intessute durante tutta la vita).
Noi crediamo che legami d’amore che ci uniscono a coloro che ci hanno lasciato siano sempre vivi e non conoscano interruzione con la morte.
Forti di questa solida speranza, preghiamo per coloro che ci hanno preceduto. Domandiamo al Signore di perdonare loro, purificarli, manifestare loro il nostro amore e accoglierli nel suo Regno di gioia, pace, luce.
I santi non sono il nostro passato ma il nostro futuro
Noi speriamo che essi ci attendano. Che non siano il nostro passato ma il nostro futuro. Che li ritroveremo e che in occasione della Risurrezione della carne li serreremo di nuovo tra le nostre braccia.
La festa di Ognissanti non è nemmeno oppio dei popoli; bisognerebbe sbavare quaggiù, attendendo con rassegnazione una ricompensa futura… e nutrire finalmente una specie di risentimento nietzschiano.
No! Le beatitudini che abbiamo inteso si riferiscono al presente!
Beati i poveri di spirito! Beati coloro che piangono, beati i miti.
I santi sono stati dei vivi, non dei morti viventi.
Il che non ha impedito ai nostri fratelli e sorelle maggiori di ogni lingua, popolo, nazione, di vivere come noi le gioie, le difficoltà, le debolezze, e le prove dell’esistenza umana.
Alcuni hanno cominciato molto male, come il buon ladrone che ha ottenuto il Cielo quando è stato crocifisso con Gesù, altri hanno attraversato la prova del martirio, del dubbio, della notte della fede (40 anni per Madre Teresa), del lutto (Louis e Zelie Martin hanno perso 4 figli in tenera età), della schiavitù (Santa Bakhita), delle sofferenze familiari (Santa Rita), della malattia, della depressione (come il profeta Elia ch domanda a Dio di lasciarlo morire).
Di fatto, tutti loro hanno vissuto la prova.
Ma se sono santi è perché hanno condotto il combattimento dell’amore. Questi guerrieri e guerriere hanno tutti amato, ed hanno lasciato che l’amore di Dio li trasformasse.
In questo modo, hanno cambiato la vita (come canta Goldman). Hanno posto il Regno di Dio, ossia l’amore, nella loro vita: in politica, come S. Thomas More, nella Città in mezzo ai giovani svantaggiati come il S. Giovanni Bosco o nel villaggio cone il S. Curato d’Ars ; hanno perfino piantato il Regno di Dio all’inferno, come Massimiliano Kolbe a Auschwitz, Madre Teresa nelle bidonville di Calcutta o S. Damiano in mezzo ai lebbrosi sull’isola Molokai.
Contemplando i Santi, ricordiamoci che siamo chiamati al massimo, a uscire dalle nostre letargie e a mettere il Regno di Dio là dove viviamo (come quella vecchia signora allettata che la gente andava a visitare perché faceva loro del bene, o come la Beata Chiara Luce Badano che morì a 18 anni e che la gente andava a trovare perché ella ridonava loro la pace (una pace che veniva da molto lontano).
Abbiamo una grande famiglia che ci attende. Un regno è pronto. Non si tratta di impadronircene, non è da acquistare o conquistare, da prendere… si tratta di accoglierlo con un cuore di povero. Quel cuore di povero che noi chiediamo: beati i poveri di spirito!
Possiamo già incominciare dicendo dal profondo del nostro cuore prima della comunione: