L’uomo moderno è alla ricerca della sua mascolinità. In un mondo in cui regna sempre più la confusione tra maschile e femminile, egli fa fatica a trovare il suo posto d’uomo, di sposo, di padre e di cristiano. In questa ricerca di identità, la figura di San Giuseppe può forse essere illuminante. don Paul Denizot.
San Giuseppe figlio di Israele
L’inizio del Vangelo secondo San Matteo ci ricorda la lunga genealogia di Giuseppe fino al patriarca Abramo: « Abramo generò Isacco […], Davide generò Salomone […], Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale nacque Gesù » (Mt 1, 1-16). Questa genealogia è ricca di uomini e di donne significativi (Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide, Rahab, Ruth). Anch’essa porta anche la traccia del peccato (l’adulterio di David, l’apostasia di Salomone). Tutta la storia di Israele si riassume in questa ascendenza.
San Giuseppe sa chi è e da dove viene. Egli è figlio ed erede « della tribù di Davide » (Lc 1, 27). Egli assume questa storia familiare, storia che è anche quella del suo popolo.
San Giuseppe sposo
I Vangeli ci presentano inizialmente Giuseppe come fidanzato di Maria: « L‘angelo Gabriele fu mandato da Dio […] a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe » (Lc 1, 26-27). Ma questo progetto di matrimonio a priori anodino di due poveri Galilei sta per essere profondamente sconvolto dall’annuncio dell’angelo e dal «sì» di Maria.
Che stravolgimento, che sofferenza per Giuseppe rappresenta il suo ingresso nel mistero dell’incarnazione! La sua fidanzata incinta mentre egli non l’ha conosciuta. Egli ha sicuramente accolto le spiegazioni inaudite di Maria. Ha esitato, riflettuto. Avrebbe potuto urlare, ribellarsi, maledire perché tutto ciò non faceva parte dei suoi progetti.
Nel silenzio, ha infine scelto di ripudiare Maria in segreto e di ritirarsi di fronte a un mistero di cui si sente indegno. Tuttavia, in un sogno, l’angelo del Signore conferma la sua missione di sposo: « non temere di prendere con te Maria, tua sposa » (Mt 1, 20).
Giuseppe ubbidisce immediatamente. Prende con sé Maria, sua sposa (Mt 1, 24) e si mette a servizio di colei che ama d’un amore fiducioso, casto e tenero. Diviene il custode e il protettore di Maria, la proteggerà sino alla propria morte.
San Giuseppe padre
In sogno, l’angelo ha affidato a Giuseppe una missione particolare: « Maria partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù » (Mt 1, 21). Dando un nome al Figlio di Dio fatto uomo, Giuseppe accetta ka sua missione di padre e protettore di Gesù.
Egli diviene per i bambino – e per noi – un modello d’uomo e di padre che rinvia al Padre del Cielo, « dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome » (Ef 3, 15).
La paternità di San Giuseppe ci ricorda il senso di ogni vera paternità. Essa non è soltanto biolofica. Il padre non si accontenta di dare la vita. È soprattutto il servitore della vita e della crescita dei suoi figli che egli guida nell’amore e nel dono di sé.
San Giuseppe emigrato
Prendendo Maria come sposa, Giuseppe non aveva certamente previsto le numerose difficoltà e le prove che avrebbe dovuto affrontare.
Non aveva previsto di recarsi a Betlemme con la giovane sposa incinta per il censimento imposto da Cesare. Non aveva previsto che il bambino nascesse in condizioni materiali deplorevoli. Non aveva previsto che il re Erode avrebbe cercato Gesù per farlo morire.
In piena notte, prima dell’arrivo dei soldati assassini, Giuseppe riceve in sogno l’ordine di fuggire. Obbedisce immediatamente all’angelo, si alza, prende il bambino e sua madre e lascia la Giudea per rifugiarsi in Egitto.
San Giuseppe lavoratore
San Giuseppe aveva un mestiere e una situazione ben definita a Nazareth. Ubbidendo al comandamento dell’angelo, fuggendo in Egitto, ha perso ambedue. In esilio, ha dovuto cercare un nuovo lavoro per sovvenire ai bisogni della sua famiglia.
Proprio quando la Sacra Famiglia aveva cominciato a stabilizzarsi, l’angelo indica a Giuseppe di tornare a Nazareth. Nuovo abbandono del lavoro e della situazione. In Galilea, nuova ricerca di impiego e nuove questioni. Il falegname di Nazareth ha dovuto (ri)farsi un nome. Ha imparato il suo mestiere e trasmesso la propria arte a suo figlio.
La vita di San Giuseppe ci insegna tre cose importanti sul lavoro
Anzitutto, che il lavoro non è uno scopo in se stesso. Il lavoro è un mezzo. Certamente è un mezzo di compimento e di perfezionamento, ma è anche un mezzo per sovvenire ai bisogni materiali della propria famiglia. Ha dunque un posto importante ma relativo in rapporto al progetto personale che Dio ha su ciascuno di noi.
San Giuseppe ci mostra poi la bellezza della trasmissione della conoscenza. Trasmettere la propria arte, la propria scienza, non trattenerla per sé, è una grande ricchezza. Insegnae e trasmettere è un luogo d’esercizio di autentica fecondità, di vera paternità.
Infine, la vita di San Giuseppe dimostra che il lavoro non è un lato della nostra vita. Noi siamo al lavoro come siamo nella nostra vita personale o familiare. Se San Giuseppe fu giusto nelle sue scelte personali, lo fu anche nel lavoro.
La vita professionale è un vero luogo di santificazione in cui è in gioco anche la nostra vita morale e spirituale.
San Giuseppe uomo di fede
La vita di San Giuseppe è una vera avventura, l’avventura della fede. Aveva probabilmente previsto di fondare una famiglia e di vivere tranquillamente con Maria e i loro figli a Nazareth.
Lui l’ebreo religioso, l’uomo di fede, non aveva sicuramente previsto che Dio avrebbe fatto irruzione nella sua vita in modo così inaudito. Non aveva certamente previsto che sarebbe stato chiamato a diventare il padre adottivo dei Figlio di Dio fatto uomo, che gli avrebbe insegnato a pregare suo Padre, a divenire uomo.
Non aveva neanche previsto che sarebbe diventato, nella gloria, il protettore e custode di un popolo numeroso, della Chiesa.
Ma la vita con Dio è piena di sorprese. Dio a volte sconvolge i nostri progetti, ci fa uscire dalle zone di comodità e di sicurezza per farci vivere una bella avventura. Questa non è esente da ostacoli e prove, ma il Signore l’accompagna con la sua presenza e ci invita alla fiducia.
Giuseppe ha ubbidito a Dio. Anzi è divenuto un modello di fede, d’una fede d’uomo che accompagna al tempo stesso la fede interiore e femminile di Maria. Notiamo anche che san Giuseppe non assisterà né alla predicazione di Gesù né ai suoi primi miracoli, né al mistero pasquale.
La fede di Giuseppe è dunque una fede semplice; vive l’avventura straordinaria della fede in una vita assolutamente ordinaria.
Infine, san Giuseppe è un bel modello di ubbidienza. Ubbidendo spontaneamente, silenziosamente, partecipa al disegno divino facendolo suo. Avrebbe potuto benissimo ribellarsi davanti alle prove. Avrebbe potuto dissociarsi dal progetto divino… dopo tutto, quel bambino cercato da Erode non era il suo figlio biologico. Ma no, Giuseppe è servo fino in fondo, un servo amante, che si appropria totalmente della sua missione di protettore, fino alla morte.