All’inferno si può cambiare idea ?

Les damnés, ceux qui dans notre imaginaire, rôtissent dans les feux de l'enfer peuvent-ils changer d'avis ? Pour le savoir, don Thomas Lapenne nous rappelle ce qu’est l’enfer et que la possibilité dramatique d’y aller librement engage notre responsabilité dans notre vie quotidienne.

Possono i dannati, coloro che nella nostra immaginazione arrostiscono nelle fiamme dell’inferno, cambiare idea? Per scoprirlo, don Thomas Lapenne ci ricorda cos’è l’inferno e che la drammatica possibilità di andarci liberamente impegna la nostra responsabilità nella nostra vita quotidiana.

L’inferno è un stato spirituale di auto-esclusione

Nell’arte, i dipinti o gli affreschi che raffigurano il Giudizio Universale ci spaventano. Se questo può ispirarci un santo timore che ci fa pensare, perché no? Ma l’inferno è prima di tutto uno stato spirituale di autoesclusione. Consiste nell’escludersi volontariamente dal Regno dei Cieli nel quale sono atteso dal Signore stesso. Dio non ci butta fuori, perché vuole che tutte le persone siano salvate. Egli ci ha creati per stare con Lui e godere della Sua gloria. Se c’è una predestinazione, è solo verso il Paradiso e non verso l’Inferno.

Ma se Gesù nel Vangelo ci parla quarantasei volte della geenna di fuoco e dell’inferno, è per ricordarci che c’è una possibilità drammatica che usiamo la nostra libertà per dire un no definitivo a Dio e per escluderci dalle promesse di vita.

Si tratta di una scelta definitiva, senza ritorno?

È possibile cambiare idea sulla terra finché siamo in cammino verso il cielo. Fino all’ultimo istante della nostra vita terrena, fino al momento della nostra morte, è sempre possibile cambiare. Conosciamo la conversione del Buon Ladrone che, trenta secondi prima di morire, fa un atto di fiducia in Cristo e si pente delle sue colpe. Gesù gli disse: «Oggi sarai con me in paradiso». Basta, dunque, aprire il cuore alla grazia della misericordia che colpisce il cuore di tutti i peccatori. Fino all’ultimo momento, avremo sempre la possibilità di cambiare idea. 

Al momento della morte, la mia vita è finita e sono come congelato. Quindi sarò giudicato in coerenza con tutto ciò che ho vissuto e con tutte le mie decisioni, soprattutto l’ultima, o almeno in relazione allo stato d’animo in cui mi presento davanti a Dio.

 

Dire o meno di sì al Signore dipende da me. Dio non deciderà per me. Mi mostrerà la mia vita e mi chiederà di scegliere in un modo coerente con tutto ciò che ho passato. Posso quindi fare una scelta liberatoria e gioiosa di seguirlo o rifiutarlo e rinchiudermi in un broncio eterno.

Questa decisione è definitiva perché è coerente con i movimenti e gli orientamenti della mia vita. È definitiva, anche se all’ultimo momento davanti a Cristo che ci mostra la sua misericordia, possiamo sperare in uno scatto come quello del Buon Ladrone. “Signore, tu conosci il male che ho fatto e i miei rinnegamenti, ma di fronte alla tua bontà mi inchino e voglio seguirti”. Questa è la nostra speranza. Speriamo che non ci sia nessuno all’inferno e preghiamo per questo.

Si può parlare di suicidio dell’anima ?

L’uomo che rifiuta Dio, rifiuta la vita. Possiamo parlare di suicidio perché è una scelta di morte spirituale, di morte dell’anima. L’Apocalisse in particolare, ma anche le Epistole di Giovanni, ci parlano della seconda morte che tocca l’anima e sulla quale non possiamo fare nulla se non ci pentiamo e non chiediamo a Cristo la vita.  La nostra anima è fatta per essere irrigata con la grazia, e se rifiuto questa vita divina, sono in uno stato di morte spirituale.

Chi ha scelto contro Dio e si è dannato conserva sempre la sua intelligenza, la sua volontà, la coscienza di sé, delle sue azioni, del peccato che ha commesso. Sebbene ne provi orrore, ha ancora la volontà di rimanere attaccata a questo male e di non uscirne fuori. Esso lo divora dall’interno, e questa persona non può mai cambiare e non morire mai. È in una sorta di miseria eterna che non dovremmo augurare a nessuno. Ha veduto Dio e il paradiso che le era destinato e, in un capriccio forse del tutto folle, ha detto di no. Questa follia estrema, la scelta della morte, è quindi un po’ come il suicidio.

Cambiare idea all’inferno non è compatibile con la fede cristiana dell’amore?

L’esistenza dell’inferno non serve anzitutto a spaventarci e paralizzarci. Ma può provocare in noi una reazione salutare. La mia vita è seria, ne ho solo una ed è bellissima. L’amore di Dio è esigente, nel senso che è perfetto. Dio non si dona a metà. Egli è in ogni cosa e vuole riempirci del suo amore sconfinato. Questo amore infinito è un’esigenza per ognuno di noi nel proprio percorso di vita, nelle proprie libere decisioni.

È un richiamo alla responsabilità delle mie azioni, forse non di tutte perché ci sono cose che soffriamo, come le ferite, gli eventi, le scelte degli altri per esempio.

Ma sta a noi scegliere interiormente le nostre reazioni e la nostra strada: la via della fede o della ribellione, la strada del perdono o del rimprovero, la strada della speranza e dell’amore, o la strada della disperazione e dell’odio.

Quando a Gesù si parla dei Galilei che furono crocifissi da Pilato, o dei passanti schiacciati dalla caduta della torre di Siloe, egli chiama alla conversione. “Convertitevi, perché se non vi convertite, farete la fine di quella gente”, cioè senza essere preparati, senza saperlo, senza aver scelto liberamente Dio. Anche per noi è una chiamata alla conversione e al cambiamento nel nostro cuore. A considerare la vita come un dono di Dio e viverla bene.

Conoscere la possibilità dell’inferno incoraggia la responsabilità

La paura dell’inferno è stata forse usata nella predicazione dell’inizio del diciannovesimo secolo o in alcuni catechismi. Ma il Signore non ci tratta in questo modo. Prima di tutto, ci manifesta il suo amore e ci chiama a raggiungerlo all’appuntamento delle nozze eterne. Poiché rispetta la nostra libertà, prende sul serio la possibilità che ci allontaniamo da Lui. Il libro di Deuteronomio (30:19) dice: «io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza. » 

Non si deve avere paura di Dio. Dio non è oggetto di timore, se non di un timore filiale, un timore che si meraviglia della sua grandezza. È meglio avere paura di noi stessi perché sono le nostre azioni, le nostre decisioni che possono allontanarci da Dio per sempre. Ciò ci fa capire che le nostre azioni sono importanti e che la nostra vita ha un peso eterno.

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