Omelia di Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, domenica 21 novembre 2021

Cari fratelli e sorelle nella fede!

Quando si entra in questa meravigliosa basilica di Montligeon, si è colpiti immediatamente dalla grandissima statua della Madre di Dio. Ella qui sta – diciamo – sulla soglia della porta che conduce dal purgatorio al Cielo. Noi la contempliamo, alla fine dell’anno liturgico, ed ella ci mostra il passaggio verso l’Avvento, la grande venuta di Dio.

L’apparente cesura dalla morte alla vita è un transitus (un passaggio) nella fede. Ecco perché la Madre di Dio di Montligeon porta il titolo onorifico di « Nostra Signora Liberatrice ». Avviando con le anime del purgatorio il viaggio che conduce dalla purificazione al Paradiso, ella è mediatrice di liberazione e redenzione. Accanto a lei, il purgatorio diviene un luogo non di punizione ma di purificazione.

Coloro che si recano in pellegrinaggio a Montligeon non possono mancare né questa meravigliosa chiesa, né la statua della Madre di Dio. Proprio come allora il curato Paul Buguet ha fatto costruire questa basilica e vi ha collocato l’immagine di Maria, alta 3,70 m e pesante 13 tonnellate, le due divengono un monumento che si eleva verso il cielo, in un mono che sembra così spesso dimenticare Dio.

Siamo alla fine del XIX secolo quando l’esodo rurale degli abitanti della regione si pone come una delle grandi sfide sociali. E’ una lotta per la sopravvivenza, che sveglia presso le persone la tentazione di volere vivere soltanto di pane. Oggi ancora è il pericolo del materialismo quello di non volere ammettere che l’anima può anche morire di fame laddove essa viene privata della fede.

L’abate Paul Buguet s’interessa sia dei bisogni economici e sociali che spirituali della gente, alla svolta del secolo, ed è quasi traumatizzato dal vedere che le famiglie perdono poco a poco la memoria dei loro defunti, mentre la semplice lotta per la propria sopravvivenza li coinvolge così tanto. La perdita di suo fratello e il confronto con la morte fanno finalmente di lui un grande difensore della vita. A lui non basta che la morte sia la fine di tutto, e non segue l’idea di un “riposo eterno” al cimitero, che sarebbe come la promessa di un nirvana diffuso. Egli resta fermamente attaccato alla fede pasquale secondo cui la vita in purgatori è presa così sul serio da Poiché Maria ha già percorso questo transitus, ella prende per mano tutti coloro che portano in sé la speranza della vita eterna.

Un anno dopo la morte dell’abate Paul Buguet, la Vergine di Montligeon viene incoronata. Il diadema indossato dalla Madre col Bambino è un regalo dei pellegrini e una testimonianza di fede. Giacché Maria è stata innalzata al cielo in corpo ed anima, da là ella può trasmetterci il Cristo. Le due figure che alzano gli occhi verso di lei ai piedi di questa statua incarnano le anime del purgatorio in viaggio verso il Regno celeste. La purificazione della vita è sempre una liberazione attraverso la fede. Da un lato c’è la figura che tende la mano verso la Madre di Dio; dall’altro, colui che è in grado di innalzarsi. C’è una dinamica in questa immagine, che corrisponde a un triplice movimento che è partito da Montligeon nella Chiesa universale.

Un primo movimento :

I. Maria che tende la mano ai defunti

Si tratta di quel che si vede immediatamente quando si osserva la statua di Montligeon. Da un lato, uno dei personaggi si lascia tirare fori dal purgatorio dalla Madre di Dio; questa immagine richiama ugualmente certe rappresentazioni della discesa di Cristo nell’Ade. La sua discesa nel regno dei morti è un atto pasquale. Egli prende Adamo per mano e lo tira fuori dal mondo sotterraneo verso una nuova vita. Così, Maria è a fianco di tutti coloro il cui sguardo è purificato in purgatorio per guardare Cristo senza distorsioni.

La Vergine è il ponte su cui i defunti trovano la strada che porta dal mondo della morte alla vita. Ella ha tanta familiarità con l’angoscia umana e con ogni morte dolorosa! Il Venerdì santo, dopo la Crocifissione, quando ella tiene tra le braccia il Figlio mot, lo abbraccia come ella abbraccia e tiene tutte le anime che sperano nella Pasqua. Sono tutte le anime del purgatorio che aspirano al Regno dei Cieli. Sono quelle che, con il Qohelet, sono state afflitte dal dubbio e che, al termine della loro vita, son arrivate come lui all’intuizione seguente (di cui parla la prima lettura) : « Ricordati del tuo creatore
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
«Non ci provo alcun gusto» (Qo 12,1) ».

Sono tutte quelle che hanno conosciuto tante sofferenze e prove sulla terra. Son le vittime di abusi con cui noi ci sentiamo uniti, e comprendiamo, come Maria, che di fronte a questo orrore deve esserci il purgatorio, questo luogo di purificazione, affinché ci sia una giustizia di Dio, ove gli autori espiino i loro peccati, e per rendere la vita alle vittime. Come la fede sarebbe impietosa e disonesta senza purgatorio! Come è riconfortante intendere questo messaggio del giudizio, che ristabilisce la giustizia davanti a Dio!

La Madre di Dio tende la mano al defunto e non vuole che l’uomo sia lasciato a se stesso. Ella sa che solo quando si è in contatto con il Cristo ci si può raddrizzare e rimettersi in piedi. In questo senso, l’altro personaggio ai piedi di Maria sopravanza il primo di una lunghezza. Ha già varcato la soglia su cui si trova a Vergine per condurci dalla fine dell’anno liturgico – con l’annuncio del giudizio – all’Avvento, alla venuta di Cristo. Qui, scopriamo un secondo movimento.

II. Maria che ci dona la vita

La grande statua della Vergine di Montligeon dona l’impressione che il bambino in braccio a sua madre voglia consegnare la corona di vittoria al personaggio che è già in piedi. Nell’iconografia cristiana, è sempre l’ornamento dei redenti. L’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse di San Giovanni, ne parla: “Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.” (Ap 2,10).

Il personaggio già diritto, ai piedi di Maria, ha questo transitus dietro di sé. E’ il miracolo della trasformazione, o della transustanziazione, come la Madre di Dio stessa l’ha scatenato durante le nozze di Cana. Noi l’abbiamo appena ascoltato nel Vangelo. Maria conosce le possibilità inattese di Dio. ecco perché ella può consigliare ai discepoli : « Fate tutto quello che egli vi dirà! ». (Giov. 2,5b). E loro versano l’acqua. È il lavoro della nostra vita, è lo sforzo quotidiano che a volte è accompagnato da un’impressione di futilità. Quale è l’utilità? Che cosa ne traggo? E poi il grande miracolo: l’acqua si trasforma in vino. Più versiamo l’acqua, più dalla giara esce il vino! Nessuno sforzo è stato o è vano.

Così, nel personaggio ai piedi di Maria che sta già in piedi possiamo vedere il nostro avvenire, come diceva Sant’Agostino: « Il miracolo attraverso cui nostro Signore Gesù Cristo ha cambiato l’acqua in vino non è strano per coloro che sanno che è opera di Dio. Perché Dio fa la stessa cosa ogni anno con i grappoli di vite. Proprio come Dio fa in modo che l’acqua versata dalle nubi diventi vino attraverso i grappoli, è la stessa cosa per l’acqua delle giare che il Signore aveva trasformato in vino. Poiché l’acqua delle nuvole diviene vino ogni anno, noi non ci sorprendiamo di questo fenomeno. Non ci meravigliamo più perché questo accade così spesso. (…) Bussiamo affinché ci apra e ci inebri del suo vino invisibile. Perché anche noi eravamo acqua. Egli ci ha trasformato in vino, ha fatto di noi dei sapienti e delle persone col gusto giusto. Prima noi non eravamo in grado di gustare, ma adesso gustiao la fede in lui ».[1]

Care sorelle e fratelli, Maria, che ci dona i Cristo – come qui in questa raffigurazione – ci interpella : ‘ate quel che egli vi dice’, e ad ogni celebrazione dell’Eucaristia noi riceviamo il miracolo della trasformazione, della transustanziazione. I piedi ancora in questa vita, possiamo tendere le nostre braccia verso Cristo e tendergli il nostro cuore per conoscere un terzo movimento.

III. Maria che ci mostra il Cielo

Di Maria, confessiamo che ella è salita in Cielo corpo ed anima. Ella ci mostra dove e come l’uomo raggiunge il suo scopo. Trascende qualsiasi forma di dittatura della mondanità, che è così spesso decretata e ci apre gli occhi di fronte all’orizzontalismo che vuole che, nella liturgia e nella vita, la gente non guardi che se stessa e abbia perduto di vista Dio.

Coloro che ripetono le invocazioni del Rosario : “Chi ti ha accolto in cielo, o Vergine, e chi ti ha incoronato in cielo, o Vergine”, trovano in questo movimento il loro cammino verso l’alto. Quando santa Matilde di Magdeburgo un giorno ha detto: “O Dio, prego nelle tue mani”, questo si applica a maggior ragione al Rosario. Quando l’anima diventa sempre più leggera nella preghiera, perché si avvicina a Dio, in lei tendiamo al Cielo. Così, abbiamo la sensazione che siamo tutti connessi gli uni agli altri e che il cielo e la terra non possono essere separati l’uno dall’altro, come dice l’apostolo Paolo nella seconda lettura. Non siamo indifferenti alla vita degli altri, così come ci appartengono tutte le anime del passato, presente e futuro : « Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. » (1 Co 12, 26). In vista del Cielo, i cristiani in particolare possono rendere testimonianza al mondo attraverso le loro preghiere, come diceva il filosofo polacco Jaroslaw Pelikan : « La tradizione per i cristiani non è la fede morta dei vivi, ma la fede viva dei morti e per i morti. » [2]


[1] Tratto da un commento di S. Agostino al Vangelo di Giovanni (8, 1-3).

[2] Cf. Robert N. Bellah, Richard Madison, William M. Sullivan, Ann Swidler, Stephen Tipton, Gewohnheiten des Herzens. Individualismus und Gemeinsinn in der amerikanischen Gesellschaft, Cologne 1987: 172.

La preghiera di Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst

Cari fratelli e sorelle!

Ho trovato una preghiera in un santuario mariano vicino a Roma, a Genazzano; l’ho sviluppata un po’ e mi viene in mente alla vista della Madre di Dio di Montligeon, qui incoronata. Con voi e per voi – in memoria dei defunti e di tutte le anime del purgatorio – vorrei dirla qui ora:

Maria qui con tuo Figlio,
Regina con una nobile corona,
Madre, Sorella Mediatrice,
Consolatrice degli afflitti.

Voglio dirti tutto,
tutti i dolori che mi tormentano,
tutti i dubbi, tutte le domande,
voglio portarli a te, Madre.

I cammini che io stesso non conosco,
Le persone che mi sono care,
la colpa che mi sono inflitto,
il danno arrecato agli altri.

Le contrarietà che ho provocato,
tutta la mia volontà, tutti i miei sforzi,
i miei consigli, i miei affari,
le mie dimenticanze, il mio egoismo,
i miei desideri, le mie rinunce,
il mio silenzio e il mio giudizio.

Tutte le piccole cose
che mi disturbano così spesso,
ogni omissione, ogni azione,
guida tutto col tuo consiglio.

Madre, tu conosci il dolore,
è a Te che si volge la mia anima.
Madre, in questa immagine di te
vediamo lo scudo della nostra fede.

Il tuo abito mostra il tuo ornamento,
il tuo sguardo si posa fedelmente su di me.
Ambedue mi svelano il tuo cuore,
Tu che sei presente con noi e per noi.

Madre, qui con tuo Figlio, la ricompensa eterna dei nostri sforzi ;
E’ a te che affido tutte le cose, Tu le conduci a una buona fine.

Amen.

Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst,
Montligeon, 21 novembre 2021

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