Il suicidio è un atto grave, però la Chiesa ci invita a non disperare della salvezza delle persone che si sono date la morte, e a pregare per loro. La Chiesa condanna il suicidio? I suicidi si salvano? Don Paul Denizot analizza questa situazione dolorosa con Guillaume Desanges per RCF.
La Francia è uno dei Paesi europei col tasso più alto di suicidi, in particolare tra i giovani e gli anziani. Ce ne rendiamo conto a Montligeon dove accogliamo nei ritiri dedicati al lutto un numero sempre aggiore di persone che hanno perduto una persona cara per suicidio.
La Chiesa condanna il suicidio?
Bisogna sempre distinguere la persona e l’atto. L’atto del suicidio è obiettivamente grave, perché la vita è anzitutto un dono che io ricevo. Non ne sono il proprietario, bensì l’amministratore. Il suicidio è una forma di orgoglio, in cui prendo il potere sulla mia vita.
Il suicidio innanzi tutto è un peccato in relazione a Dio. Inoltre è un peccato verso se stessi. E’ un atto di mancanza d’amore di sé, che talora arriva fin quasi all’odio di se stessi. E’ anche un peccato contro gli altri, la famiglila, gli amici, la stessa società, anche se chi lo compie non ha necessariamente pensato alle conseguenze di questo atto. Si possono lasciare tutte le lettere di spiegazioni possibili, ma il fatto di suicidarsi fa del male agli altri: ferite, disguto, sensi di colpa, disperazione, difficili da superare. Qui a Montligeon ne siamo ben testimoni.
Il suicidio si oppone allo slanvio vitale dell’essere umano. Se mi dò la morte, vado contro l’inclinazione profonda della mia vita, iscritta nel mio cuore.
Perché tanti suicidi tra i giovani e gli anziani?
In Francia il suicidio dei giovani è la seconda causa di morte tra i 15 e i 25 anni d’età. questo si spiega con cause diverse. La perdita di senso: se non vedo alcun futuro, se non riesco a proiettarmi in avanti, quale è il senso della mia vita? La delusione amorosa: questa può portare alcune persone al suicidio se hanno una visione un po’ romantica dell’amore o se idealizzano la persona amata fino al punto di farne il “tutto” della loro vita. Se se ne separano, è tutta la loro vita che crolla. Anche la frustrazione: se mi si resiste, posso donarmi la morte per punirmi e punire gli altri.
E’ molto alto il tasso di suicidi anche tra le persone anziane. Ma cosa ne è della riconoscenza dei nostri figli, dell’accompagnamento della vecchiaia e della fragilità? In altre società, sono considerati come saggi e depositari dell’esperienza umana. Fanno parte della società a pieno titolo. In una società individualista, si ha piuttosto la tendenza a metterli da parte, a considerare la loro esperienza come superflua e a isolarli. Ne risulta un sentimento di inutilità che può condurre alcuni a volerla fare finita con la vita.
Quando si vedono le difficoltà che colpiscono alcune persone, farla finita non è attraente?
La gravità del suicidio va messa in prospettiva rispetto a ciò che può vivere una persona: disturbi psicologici, grave depressione, situazione di sovraindebitamento, rottura amorosa, problemi con la giustizia, ad esempio. Tutto ciò può attenuare la sua responsabilità. La maggior parte delle persone non si suicidano per desiderio o per sfida, ma semplicemente perché non ne possono più. Ciò ci pone di nuovo domande sulla nostra capacità di accompagnare la fragilità.
Al giorno d’oggi assistiamo a una banalizzazione del suicidio?
In una cultura che si qualifica come « cultura dello scartot » da Papa Francesco, la banalizzazione del suicidio torna a dire alle persone che esse sono inutili, che no hanno futuro, e che al contrario è loro diritto andar via. Ma è uno scacco, una profonda disperazione!
La persona che muore suicida si salva?
La domanda: « Che cosa diviene la persona? » ci viene posta di frequente qui a Montligeon. Sì, il suicidio è un peccato grave ma la Chiesa ricorda in modo molto forte che non bisogna mai disperare della salvezza di chi si è dato la morte (catéchismo della Chiesa Cattolica n°2283). Dio offre a ciascuno in modo isterioso un mezzo di salvezza.
Una donna andò a trovare il Curato d’Ars. Ella era inquieta per suo marito che si era suicidato, e voleva sapere se egli era all’inferno. Il santo curato le rispose : « Tra il ponte e l’acqua, c’è la misericordia di Dio. » Confidiamo coloro che si sono dati la morte alla misericordia di Dio e speriamo in questa misericordia. Preghiamo per loro, perché non c’è che Dio che scruta il cuore degli uomini, e li conosce intimamente. Lui giudica e sa.
La trasmissione “Les sanctuaires normands” di RCF Orne-Calvados-Manche è in onda tutti i martedì alle 19h15. https://rcf.fr/spiritualite/les-sanctuaires-normands