Le fini ultime nella prospettiva cattolica

Fini ultime, escatologia generale, giudizio particolare, ecc., quali realtà coprono queste parole enigmatiche? Rischiano di paralizzarci o, al contrario, possono incoraggiarci ad amare sempre di più? Don Paul Denizot spiega in cosa consistano le fini ultime nella prospettiva cattolica.

Le fini ultime,
di che cosa si tratta?

Se questo mondo ha un inizio, crediamo anche che abbia una fine, uno scopo, e questo è ciò cui si riferiscono le fini ultime. Si distingue l’escatologia generale che corrisponde alla fine dei tempi e che tratta della venuta gloriosa del Cristo (o parusìa), della resurrezione della carnem del giudizio finale e del rinnovamento cosmico. D’altra parte, l’escatoogia individuale si interessa della nostra morte, del giudizio particolare che avrà luogo alla nostra morte, al cielo, al purgatorio e all’inferno. u

Queste due escatologie sono distinte ma collegate. Ad esempio il giudizio finale è la rivelazione universale del giudizio particolare dove la beatitudine donata all’anima dopo la morte è del pari donata al corpo dopo la resurrezione dei morti. Uguelmente, l’attesa della venuta del Cristo che anima il cuore del credente si vive anche nell’attesa dell’incontro nel momento della nostra morte.

Giudizio particolare e giudizio ultimo

Al momento della nostra morte, compariremo di fronte al Cristo. Il suo amore metterà a nudo la verità del nostro cuore. Avremo accettato o rifiutato l’amore? Se al momento della nostra morte il nostro cuore è pienamente aperto alla sua luce, la nostra anima sarà glorificata con lui e gioirà della visione di Dio, ciò che chiamiamo la vita eterna. Se il nostro cuore non è pienamente aperto, ma comunque si affida a Dio, un tempo di purificazione sarà necessario per l’anima: questo è chiamato purgatorio. Se abbiamo rifiutato Dio in noi chudendoci in noi stessi, sarà l’inferno, la dannazione, la separazione da Dio.

Al termine della Storia, i cristiani attendono il ritorno glorioso del Cristo che giudicherà i vivi e i morti. In occasione del giudizio finale, sarà definitivamente reso pubblico il giudizio particolare di ciascuno e saranno rivelate tutte le conseguenze delle nostre buone e cattive azioni compiute durante la nostra vita.

Il giudizio finale concernerà l’anima ed il corpo poiché i morti risorgeranno. I beati saranno trasfigurati anima e corpo, un un mondo rinnovato, una creazione nuova. I dannati soffriranno nella loro anima e nel loro corpo per i secoli dei secoli.

Da quando parliamo
delle fini ultime?

L’attesa degli ultimi tempi è presentete nella fede di Israele: Isaia annuncia la consolazione per il popolo, come pure il regno di Dio e altri profeti dopo di lui anche. Per i cristiani, noi siamo negli ultimi tempi a partire dalla morte e resurrezione del Cristo che ha trasformato il mondo. Noi attendiamo il compimento definitivo di quanto si è già realizzato più di duemila anni fa.

Gesù stesso annuncia il suo ritorno « quando ill figlio dell’uomo verrà nella sua gloria ». In numerose parabole (come quella delle vergini che attendono lo sposo con le loro lampade) ci invita a vegliare, e non addormentarci. Ci promette anche la resurrezione della carne: « I morti risusciteranno », gli uni per la vita eterna, gli altri per l’obbrobrio eterno. Egli ci mette in guardia contro la possibilità di rifiutare il regno e ci promette la vita eterna.

La Chiesa ha approfondito e sviluppato col suo magistero questa questione delle fini ultime.

Non è angosciante avere come proprio orizzonte le fini ultime?

La paura dell’avvenire tocca tutti noi. Per contro, sapere che l’avvenire appartiene a Dio è la nostra speranza perché ci ricorda cheEgli è vincitore dell’ingiustizia, della morte e della sofferenza e che queste non hanno l’ultima parola sull’esistenza umana. Peraltro ciò ci ricorda che tutto quel che vivo quaggiù ha un senso talora nascosto, misterioso, nel piano di Dio.

Come le fini ultime possono orientare la nostra vita?

Meditare sulla nostra morte e la nostra finitezza, sulla promessa della vita eterna, sul purgatorio e l’inferno ci può aiutare a rimettere la nostra vita nella giusta prospettiva. La morte ci ricorda la nostra finitezza. L’inferno ci rammenta la nostra responsabilità. E’ un pungolo per rimetterci ogni giorno tra le mani di Dio. Il purgatorio illumina le prove che possiamo vivere quaggiù e che sono già delle purificazioni. infine il cielo ci ricorda che siamo fatti per la vita e l’amore e dà un senso a tutto ciò che possiamo vivere. Questa tensione e questa attesa si esprimono in tutta la preghiera cristiana e altrettanto in particolare nel rosario («Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte»), quanto nella messa.

Saremo giudicati sull’amore

Nel giudizio finale, non è tanto questione di contabilità, quanto dell’amore che avremo messo nella nostra vita. E noi possiamo sempre amare, quale che sia la nostra situazione: handicappati, allettati, in pieno possesso delle nosttre facoltà…Ciò che dona senso all’esistenza e ci proietta nel futuro è la carità che copre una moltitudine di peccati.

Il regno di Dio è per coloro che si rimettono al Signore e Gli dicono: « Signore, non sono degno di riceverti, ma di’ solo una parola e io sarò guarito» o ancora, come il Buon Ladrone: «Ricordati di me quando sarai nel tuo regno». Si tratta di rimettersi senza posa nelle mani del Signore, perché non possiamo fare nulla con le nostre forze ed abbiamo bisogno di lui.

Predicare le fini ultime significa predicare la fiducia

Mi dispiace che l’inferno non venga più predicato o che venga presentato solo come una punizione. Eppure è così facile andarci! Gesù ci mette spesso in guardia, soprattutto quando incontra il giovane ricco che si rifiuta di seguirlo: « Com’è difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli! » Ma egli aggiunge: « Per l’uomo è impossibile, ma a Dio tutto è possibile. » La fede cristiana ci fa scoprire che il paradiso o l’inferno non sono questione di sanzione, bensì di rapporto e di fiducia. Alla fine della nostra vita, saremo in grado di gettarci con fiducia nelle braccia misericordiose del Signore?

Meditare sui fini ultimi è invitarci ad amare ora, nonostante i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre povertà, le nostre contraddizioni e incoerenze, possiamo sempre amare e servire.

Come gustare oggi il regno dei cieli?

Possiamo vivere del Regno dei Cieli già oggi, nonostante le difficoltà o le prove della nostra vita, nella sollecitudine fraterna e per i poveri, nella delicatezza, nei piccoli gesti d’amore, ecc. Nel vedere, ad esempio, le suore di Madre Teresa a Calcutta che si mettono al servizio dei bambini indesiderati, dei lebbrosi, dei poveri e dei moribondi abbandonati, c’è qualcosa del regno di Dio.

Cosa significa amare, concretamente?

E’ facile dire che si ama. « Parole, parole, parole », cantava Dalida. L’amore si prova e si dimostra. Come dice San Giovanni, l’amore si vive « nei fatti e nella verità » (Giov 3, 18). Non si tratta di compiere atti straordinari. Al contrario, nei piccoli sacrifici della vita quotidiana, il ringraziamento, il perdono, la delicatezza, la tenerezza, l’incoraggiamento, l’attenzione, il sorriso, in tutte queste piccole cose, sboccia l’amore.

C’è un tempo nell’aldilà?

La vita eterna ci spaventa perché spesso la pensiamo come una vita simile a questa, ma un po’ migliore e perpetua. Come diceva Woody Allen : « La vita eterna è lunga, soprattutto alla fine ! » Pensare in questo modo significa fraintendere la sorpresa che Dio ci fa e la nozione di tempo. Certo, c’è sempre un tempo in paradiso e all’inferno, ma questo tempo non corrisponde al nostro tempo cosmologico, fisico. Ed è molto diverso: in paradiso non lo vedi passare. All’inferno, invece, è molto lungo.

Quando il mondo si rinnoverà, saremo sempre in un tempo, poiché questa è la nostra condizione di creature e Dio solo è eterno. Per contro, questo tempo sarà trasfigurato, supposto, transformato da Dio. Non possiamo immaginare la gioia e la risonanza che ci darà in questo tempo. Ma lo sperimentiamo un po’ quando assaporiamo qualcosa di buono o di bello, una gioia che vorremmo non cessasse. Ad esempio, il giorno di un matrimonio, una nascita, un momento in cui gli innamorati si riuniscono e non c’è bisogno di parole, una partita in cui la squadra ha giocato bene e ha vinto.

Possiamo immaginare la nuova creazione?

Non possiamo immaginarla, ma possiamo provare a balbettare qualcosa: la pace, la gioia, l’armonia, la comunione. Come dice San Paolo: «Ciò che l’occhio non ha mai visto, ciò che l’orecchio non ha mai udito, ciò che non è mai entrato nel cuore dell’uomo, questo è ciò che Dio ha preparato per coloro che ama» (1 Co 2, 9-13). Sarà quindi una magnifica sorpresa. Gusteremo una felicità infinita, questa felicità sarà spirituale ma anche fisica. Vedremo luci e colori che non avremmo mai immaginato, sentiremo suoni e musiche incredibili, assaggeremo sapori straordinari, proveremo nuove sensazioni.

La trasfigurazione di Cristo ci offre un assaggio di ciò che saremo. Come Lui, saremo glorificati, Egli ci divinizzerà. Noi stessi saremo figli e figlie di Dio nell’umanità glorificata.

Una prospettiva vertiginosa?

Si tratta di una prospettiva rassicurante in un mondo segnato dall’ansia climatica e dalla paura della fine del mondo. La fede ci dà questa certezza della vittoria definitiva di Cristo, non senza prove preliminari. “Quando queste cose accadranno (disastri, ecc.), alzatevi, alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”; “Non abbiate paura!”

Inferno, purgatorio, paradiso:
la nostra playlist realizzata per YouPray

Con don Paul Denizot, rettore del Santuario della Madonna di Montligeon.

Ognissanti e il giorno dei morti.
L’amore più forte dell’amore.
La preghiera per i defunti.
L’inferno.
Il purgatorio.
Il Cielo.
La nostra vocazione alla santità.

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