Che cos’è l’inferno?

L’inferno esiste, dice la Chiesa cattolica, perché è il libero rifiuto dell’amore di Dio. È uno stato di solitudine assoluta in cui i dannati subiscono due tipi di punizione: il dolore del dannato e il dolore del senso. Per don Paul Denizot, l’esistenza dell’inferno è un richiamo alla propria responsabilità.

Che cos’è l’inferno?

« Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione,  o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo,  oppure si dannerà immediatamente per sempre »

Catechismo della Chiesa Cattolica, n°1022

La Chiesa ci ricorda che non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo, poiché l’amore presuppone sempre una libera decisione dell’amato. Allora, se il Signore ci offre il suo amore, noi siamo liberi di accettarlo, di accoglierlo, e siamo anche liberi di rifiutarlo.

Per questo la Chiesa ha sempre affermato l’esistenza dell’inferno e della sua eternità. Non l’ha inventato lei. Nei Vangeli, Gesù parla regolarmente della Geenna infuocata, di un luogo dove il fuoco non si spegne.

L’inferno è il rifiuto dell’amore di Dio

L’inferno è chiudersi in se stessi, rifiutare l’amore di Dio e la relazione con gli altri. Come possiamo rifiutare la relazione con Dio? Perché Egli non ci costringe mai ad amarlo. Quindi abbiamo questa possibilità di rifiutarlo, e l’inferno è questa eternità del peccato, cioè del rifiuto volontario di Dio. Alla morte, l’inferno è il sacramento nero del peccato, del rifiuto dell’amore fino alla fine. È un’esigenza sia della giustizia che dell’amore di Dio. L’inferno è terribile e non possiamo augurarlo a nessuno.

L’inferno è solitudine assoluta

Conosciamo rappresentazioni dell’inferno: un fuoco che brucia e fa male. Ma l’inferno è terribilmente freddo perché è solitudine. L’inferno è uno stato, una vita in cui nessuno entra e nessuno pronuncia il mio nome.

Due tipi di sofferenza all’inferno: la pena della dannazione

I dannati dell’inferno (demoni, angeli maledetti, uomini e donne che rifiutano l’amore di Dio) sperimentano due tipi di terribili sofferenze. La prima sofferenza è chiamata la pena della dannazione. È una lacerazione profonda. L’uomo, infatti, è fatto per l’amore, per la vita eterna, per vedere Dio, e Lo rifiuta con tutto il suo essere! Il bambino che mette il broncio lo sperimenta fino a un certo punto quando ha voglia di tornare dai suoi fratelli o dai suoi amici, ma tiene il broncio… C’è qualcosa nel broncio che ci parla di questa sofferenza dell’inferno, ma che si perpetua in una eterna solitudine.

La pena del senso

Il dolore del senso è un’altra sofferenza dei dannati. Soggetto a tutti i suoi desideri infiniti, il dannato è schiavo dei suoi peccati. Lui che esaltava l’onnipotenza, il godimento assoluto in un cattivo uso della sua libertà, ora è assoggettato a tutto questo godimento. Fondamentalmente si rende conto di essere schiavo del suo peccato e di esserne legato. I dannati sono allergici alla realtà, che ricorda loro costantemente la loro dimensione di creatura limitata. Ma non è né onnipotente né indipendente. Si ritrova anche a dipendere dalla creazione di cui soffre. Soffre là dove ha peccato. Non è una punizione divina in primo luogo: è questa dipendenza che lo brucia e lo schiaccia.

Un appello alla nostra responsabilità

Nessuno vuole l’inferno per sé o per gli altri. Ricordare alla gente l’esistenza dell’inferno mi chiama alla mia responsabilità. Se muoio oggi, sono sicuro che sarò salvato? Il mio cuore è davvero incline verso Dio? Non preferisco le creature e, alla fine, non preferisco me stesso a tutti gli altri? Questa è la grande domanda. È anche una chiamata alla preghiera, a pregare per i peccatori, di cui io sono il primo.

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