Omelia di Mons. Celestino Migliore in occasione del pellegrinaggio dell’Ascensione del 26 maggio 2022

Pelleginaggio dell’Ascensione al Santuario di Notre-Dame di Montligeon, giovedì 26 maggio 2022 presieduto da Mons. Celestino Migliore – Nunzio Apostolico.

Diretta dell’Omelia dell”Ascensione.

Testo integrale dell’omelia di Mons. Celestino Migliore.

La prima lettura ci riferisce le parole degli angeli ai discepoli, gli occhi levati al cielo : « Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? » (At 1, 11).

Come per dire: i segni di Dio non sono visibili al di là del mondo ma in seno alla storia.

La storia umana è considerata come lo spazio in cui umano e divino si incontrano. La descrizione della comunione dei beni materiali e spirituali tra i fedeli ne è un esempio.

La storia non è una serie di date importanti di guerre, di vittorie e di sconfitte, ma il diario degli incontri tra Dio e gli esseri umani, tra Dio e il mondo concreto fatto di città, strade, piazze, artigiani e commercianti, autorità e prigionieri; questo mondo concreto è il campo d’azione di Dio. Per questo il mondo è guardato con simpatia e interesse. Gli Atti invitano il cristiano a collocarvisi pienamente e ad amare questo mondo.

Di fatto, subito dopo l’Ascensione i discepoli si riuniscono con Maria per pregare, e à incomincia l’avventura della Chiesa, di una comunità di persone di etnie diverse, lingue diverse, religioni diverse, che vivono unite grazie alle parole e alle testimonianze che Gesù ha lasciato; è saldata dall’eucaristia e addestrata verso l’esterno per prendersi cura delle anime e dei corpi di chiunque sia disposto a condividere la loro vita.

Chi mantiene l’unità di questo nuovo popolo costituito da persone così diverse? E’ la Parola di Gesù, la Parola di Dio che si è fatta carne in Gesù.

Dopo la resurrezione, gli apostoli sono chiamati testimoni della Parola (At 1, 8) e lo Spirito, alla Pentecoste, ha mostrato il suo potere di diffusione. La Parola « crede » (6, 7), « si espande » (12, 24), « guadagna » terreno (13, 49). E’ essa a venire « accolta » (4, 4 ; 10, 44 ; 19, 10) e « glorificata » (13, 48). I nuovi credenti sono coloro che « ascoltano la Parola » (4, 4 ; 10, 44 ; 19, 10).

Ma la Parola è resa visibile solo dai testimoni. Secondo gli Atti, essere credente significa avere ricevuto lo Spirito, e avere ricevuto lo Spirito significa divenire testimone. Lo Spirito non fa di ciascun cristiano un discepolo che vive nella stretta cerchia di Gesù, ma fa di goni cristiano un testimone, ossia qualcuno che sa parlare di Dio, che sa donare Dio.

Tutte le persone che incontrano Gesù non diventano discepoli, suoi collaboratori stretti: Zaccheo, Lazzaro, l’emorroissa,il centurione e la cananea di cui Gesù guarisce i figli, la Samaritana… sono tutte persone toccate da Gesù. convertiti, che non sonno divenuti discepoli diretti. Dopo il primo incontro con Gesù, il Vangelo non ne parla più. Ma erano divenuti dei testimoni. Così, la folla dei primi cristiani era capace di testimoniare l’efficacia delle parole di Gesù, di parlare dell’amore di Dio.

Prima di essere pronunciata, la Parola agisce su chi l’accoglie; essa inizialmente cambia e converte il testimone che, soltanto così, potrà attirare gli altri a Cristo. Gesù vuole che siamo credibili, avendo già camminato, conoscendo la complessità e le contraddizioni della vita, e che sappiamo accompagnare le persone con umiltà e pazienza, verso Gesù Cristo e la sua Comunità sulla terra.

La rappresentazione di Gesù che, dopo l’ascensione al cielo, siede alla destra del Padre, è una immagine potente, maestosa, ma certi tra noi possono avere l’impressione che in cielo Gesù sia divenuto un salvatore statico, ieratico, quasi immobile e impassibile. Al contrario, la domanda degli angeli : « Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? » ci dice che Gesù ci chiama a riconoscerlo nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro suppliche. Essere chiesa, dice Papa Francesco, significa partecipare al grande piano d’amore paterno di Dio. Ciò vuol dire proclamare e portare la sua salvezza nel nostro mondo, che spesso si perde ed ha bisogno di essere incoraggiato, di ricevere la speranza e di essere fortificato via via. Questo significa riconoscere che Dio è già qua davanti, attivo e vivente, perché il cielo e la terra sono pieni della gloria di Dio.

In questi ultimi tempi, confrontati al Covid, agli attentati o alle crisi sociali, sacerdoti e fedeli hamo manifestato il loro attaccamento alla fede e alla carità. Senza soccombere alla violenza, alla vendetta o alla disperazione, i critiani praticanti si sono messi al servizio dei loro simili attraverso numerose azioni di carità e di solidarietà. Hanno opposto una risposta non violenta e lucida agli attentati terroristici di questi ultimi anni.

E’ nelle virtù teologali – fede, speranza e carità – che si trae a fora di vivere e di amare quando i tempi diventano duri. Ma l’orizzontalità, una sorta di umanesimo cristiano, non basta a seguire il corso del Vangelo né ad annunciarlo: è necessaria la verticalità. In questo senso, l’attitudine dei discepoli di Gesù che guardano verso il cielo è oggi più necessaria che mai.

Io sono meravigliato da questa sete di verticalità dei cristiani, e in particolare dei giovani cristiani, dopo l’inizio di questi tempi difficili. Il vostro grande pellegrinaggio di stamattina ne è una grande testimonianza. Il bisogno di preghiera, di liturgia, d’adorazione come pure la sete di insegnamento e di formazione non sono mai stati così importanti. Voi pellegrini, voi donate la chiave per il futuro attraverso la vostra sete di un Dio celebrato, annunciato, e che si irradia attraverso la Parola di Dio messa in pratica.

Stamattina preghiamo insieme la Madonna Liberatrice. Ella, che sa toccare i cuori anche dopo la morte, che ella ci aiuti tutti, noi che siamo ancora pellegrini in questa vita, ad essere veri missionari della Parola di Dio, testimoni di Cristo attraverso la nostra vita cristiana.

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